1.-1

2012 Words
1.- Accomodatevi pure, ispettore - disse Kate sedendosi. - Dunque, alle nove, o forse dieci minuti prima, l'orologio della sala da pranzo è avanti di dieci minuti, Terence mi ha servito la cena. Il generale era già a letto, e Cassidy e sua moglie erano andati a trovare una parente che sta male.- - In questa casa, all'ora del furto, c'eravate soltanto voi e Terence? - Anche il generale - rispose Kate. - Ma vi ho già detto che il nonno era a letto. Alle nove e mezzo, Terence ha sparecchiato la tavola e alle nove e quarantacinque ho suonato il campanello per farmi portare un caffè. Allora mi sono ricordata che il campanello non funziona e sono scesa in cucina. Stavo scrivendo una lettera quando Terence mi ha portato il caffè, gli ho chiesto di aspettare che avessi bevuto, non volevo scendere ancora in cucina. Prima che finissi di scrivere la lettera l'orologio ha suonato le dieci. Quindi ne ho cominciata un'altra, l'avrò finita che saranno state le dieci e un quarto. Le ho date entrambe a Terence per imbucarle subito, e lui è uscito di casa alle…- - Mi basta - la interruppe l'ispettore, visibilmente contrariato. - Terence non c'entra, perché il ladro è stato visto saltare dal balcone della casa di Lord Pretherston alle dieci e cinque. Gli hanno anche sparato mentre correva attraversavo il prato. Mi dispiace avervi disturbata. A proposito, adesso Terence dov'è?- - Nella stalla. Volete che lo faccia chiamare?- L'ispettore esitò. - No, non è necessario. Vi posso chiedere di non dire a nessuno di questa mia visita?- Kate aspettò finché non vide il poliziotto sparire per la stradina che portava al villaggio, poi suonò il campanello. Apparve il vecchio domestico. - Per favore, dite a Terence che devo parlargli.- Terence arrivò subito, chiaramente ansioso. Era un giovanotto allampanato, sempre ben pettinato e unto di brillantina, con il sorriso facile. Dicevano fosse il dongiovanni della zona. - Chiudi la porta, Terence - disse Kate tranquilla. - Che ti sei fatto alla mano?- - Mi sono tagliato - rispose lui, nascondendo dietro la schiena la mano bendata. - Non ti credo - disse la ragazza. - Penso invece che tu sia rimasto ferito quando ti hanno sparato ieri sera, mentre correvi per il prato della casa di Lord Pretherston. Dove hai nascosto quello che hai rubato?- L'uomo impallidì. - Vi giuro che... - Non fare lo stupido, Terence - lo interruppe Kate. - Fammi vedere tutto quello che hai rubato.- - Nel nome di Dio, signorina, non denunciatemi alla polizia! - implorò Terence. Sono stato un idiota…- - Stai facendo l'idiota in questo momento - ribatté Kate, sempre calma. - Ieri sera sei stato assente dalle otto alle dieci e mezzo. Ti ho visto rientrare di soppiatto dalla mia finestra. Fammi vedere tutto quello che hai rubato e dove lo tieni nascosto.- Sul retro della casa c'era un capannone. Era stato scavato un buco nel pavimento, poi ricoperto da una botola. Sopra la botola era sistemato un grosso baule che la nascondeva. Chiunque fosse entrato nel capannone non l'avrebbe notata. Ma che qualcuno entrasse lì era improbabile, solo Terence aveva le chiavi. - Ho impiegato un mese per scavare la fossa e per metterci la botola - disse Terence orgoglioso. Spostò il baule, sollevò la botola e tirò fuori tre scatole. Due erano nuove: Kate riconobbe la terza, era di suo nonno. - Rimetti a posto la botola e il baule, prendi le scatole e vieni in casa - gli ordinò. Terence obbedì. Entrarono nella sua camera e lei chiuse la porta a chiave. - Adesso, vediamo che cosa hai rubato.- C'era tanta roba. L'uomo aveva ben lavorato: aveva combinato i suoi colpi prima che incominciasse girare la voce che c'era un ladro, quindi ben prima che i residenti prendessero le necessarie precauzioni. C'era anche una collana di perle che Kate riconobbe: era della signora O'Gorman. C'erano anche due mazzi di banconote. - Che cosa volevi farci con questi gioielli? - chiese Kate. - Maledetto il giorno che sono venuto qui a lavorare! - imprecò Terence. - Ascolta, cretino - disse Kate spazientita. - Che cosa volevi farci con questi gioielli? - Li avrei venduti a Dublino... conosco un vecchio che…- - Basta così - lo interruppe lei. Prese i gioielli, e dopo averli avvolti tra la carta uno per uno li sistemò in una scatola di cartone. - Hai un indirizzo a Dublino? Dove abiti quando vai là?- Terence la guardò insospettito. - Vado a casa di mio fratello.- - Scrivi qui il suo indirizzo.- Gli diede un foglio di carta e, dopo un momento di esitazione, Terence iniziò a scrivere. Poi Kate prese un modulo per la spedizione dei pacchi postali e gli disse di compilarlo. Poi sfilò dieci sterline da un mazzo di banconote e gliele consegnò. Andò a sedersi nella sua poltrona, con le mani giunte, e guardava l'uomo negli occhi. - Terence - disse - c'è un treno che parte dalla stazione di Galway per Dublino alle otto. Ci metterai tre ore per andare a piedi fino a Galway.- Lui la guardò attonito. - Che cosa avete intenzione di fare, signorina?- - Spedirò questo pacco per posta. Andrai a Dublino, da tuo fratello. Tra un paio di giorni al massimo, riceverai il pacco. Vendi i gioielli in fretta e di lascia l'Irlanda il più presto possibile. Per un uomo delle tue capacità è l'America il posto ideale.- - E non mi denuncerete? - chiese Terence. Kate fece di no con la testa. All'improvviso Terence sembrò capire. Sorrise e si avvicinò a Kate. - Signorina, siete disposta a correre questo rischio per amore mio? - Era convinto che il suo fascino lo avesse aiutato anche questa volta. Kate lo fissò con occhi pieni di disprezzo e lui arrossì. - Non è per amore tuo, Terence. Voglio una ricompensa. Mi terrò i soldi - disse la ragazza con voce decisa. Aprì il cassetto dello scrittoio e con un rapido movimento infilò i due mazzi di banconote e lo richiuse. Terence si portò le mani alla testa, sorpreso. - Ma signorina, state scherzando? Vi rendete conto del rischio che correte? E se io raccontassi tutto alla polizia?- Kate sorrise. - Sparisci, Terence. Mentre vai alla stazione di Galway, avrai tre ore di tempo per capire se essere creduto oppure no.- Terence ci mise più di tre ore per risolvere il problema. Una settimana dopo, mentre stava partendo in nave dalla baia di Queenstown, ci stava ancora pensando. Il conte di Flanborough premette il pulsante del campanello per chiamare il suo cameriere. Dopo esattamente tre secondi, suonò ancora, anche se la stanza del povero Sibble era a cinquanta metri dallo studio e un uomo capace di percorrere questa distanza in tre secondi non era ancora nato. Ma Sua Signoria era così temuto da tutta la servitù e da ogni altro essere vivente nella sua casa, che Sibble, l'anziano domestico, ci mise cinque secondi. - Perché diavolo non rispondi quando ti chiamo? - scattò il conte, quando lo vide arrivare affannato. Lui non rispose, sapeva per esperienza che, se il silenzio era certo un'impertinenza, le parole altro non erano che insolenza. Lord Flanborough era di mezz'età, magro, calvo e malato di dispepsia. Aveva un viso gretto e insignificante. Cercare una somiglianza tra lui, i Felton e i Flanborough delle passate generazioni, i cui ritratti pendevano dalle pareti del salone, era una vera e propria impresa. Ciò perché George Percy Allington Felton, conte di Flanborough, barone di Felton e barone Sedgely di Waybrook, era solo lontanamente imparentato con l'illustre casato dei Felton. Aveva ereditato il titolo e la proprietà, pesantemente ipotecata, dal suo prozio, un vero e proprio colpo di fortuna. Questa era l'opinione dei veri Felton che, in linea di successione, occupavano posizioni meno privilegiate delle sue. Prima del titolo, Lord Flanborough era stato solo il signor George Felton della ditta Felton, Heinrich & Soames, una società che controllava proprietà minerarie in diverse parti del globo. L'unico aspetto positivo della successione era costituito dal fatto che aveva sborsato circa dieci milioni di sterline per riscattare tutte le ipoteche che gravavano sulle proprietà. Era un uomo furbo e ben poco simpatico. Da quando aveva assunto il titolo e lo stile dei Flanborough era diventato ancora più insopportabile. Mai così antipatico come quella mattina. - Che cosa diavolo volevo? - chiese al domestico. - Se tu fossi arrivato subito invece di perdere tempo! Sì, adesso mi ricordo. Comunica a Lady Moya che desidero parlare con lei. Felice d'essersela cavata così a buon mercato, Sibble riferì gli ordini di Sua Signoria. Lord Flanborough si accarezzò i baffi grigi e guardò il foglio di carta che aveva davanti. Poi prese la penna e scrisse: "Persa o rubata. Una collana di perle. Chiunque fornirà informazioni che porteranno al recupero di questo gioiello riceverà una ricompensa di cinquecento sterline". Ci pensò un momento, poi cancellò "cinquecento" e lo sostituì con "duecento". Non era ancora soddisfatto, perché cancellò di nuovo e scrisse "cento". Dopo aver riflettuto, eliminò "riceverà una ricompensa di cento sterline" e scrisse "sarà adeguatamente ricompensato". Sentì aprire la porta dello studio e sollevò lo sguardo. - Ah, mia cara Moya, siete voi. Sto preparando un annuncio. La figlia di Lord Flanborough, Lady Moya, aveva ventidue anni ed era molto bella. Riassumeva in sé tutte le caratteristiche familiari che non riguardavano per nulla il suo illustre genitore. Era di media statura e snella, aveva un bel viso dai lineamenti delicati. Il mento deciso, le labbra modellate e gli occhi azzurri venivano dagli estinti Sedgely, il naso, la fronte e i capelli biondo rame erano un'eredità dei Felton. Nonostante fosse bella, un critico un po' pignolo avrebbe giudicato la voce di Lady Moya carente di quel timbro e di quelle sonorità dei quali la famiglia era giustamente orgogliosa. I Felton erano ammirati oratori, al tempo in cui una prolusione in Parlamento era pari a un saggio di letteratura. La voce di Lady Moya era un po' "dura", con poco calore. Lord Flanborough si vantava comunque del fatto che sua figlia fosse "una ragazza con i piedi ben piantati per terra" e, oltre a lui, c'era almeno un altro uomo pronto a ribadirlo. - Un annuncio? Ma, papà, non ti sembra assurdo?- Moya andò a sedersi dall'altra parte dello scrittoio e prese una sigaretta da una scatola d'argento. - E perché assurdo? - ribatté suo padre, un po' stizzito - Spesso, inserzioni del genere hanno consentito di recuperare oggetti smarriti. Anni fa, nella City, c'era un certo Goldberg che…- La figlia lo interruppe con un sorriso: - Per favore, lascia stare la City e cerca di esaminare ragionevolmente la situazione. Avevo la collana di perle mentre ero in casa di Lady Machinstone. Ho ballato con diverse persone, tutte galantuomini: Sir Ralph Sapson, Sir George Felixburn, Lord Fethington, il maggiore Aitkens e quel simpatico ragazzo dei Machinstone. Non è stato uno di loro a rubarmi le perle. Le avevo ancora quando sono venuta via, le ho viste mentre mi mettevo la pelliccia. Le avevo in macchina, perché le ho toccate prima di arrivare a casa. Non le ho tolte, ma ero talmente stanca che non ricordo nemmeno come sono andata a letto. Dunque, è stata Mary, la mia cameriera, l'unica persona che circoli liberamente nelle mie stanze. È stata lei che mi ha aiutata a svestirmi. La cosa è più che evidente.- Lord Flanborough cominciò a picchiettarsi i denti con la penna. Era una cattiva abitudine che infastidiva enormemente sua figlia, che questa volta, però, decise di passare oltre. Era preoccupata per la perdita della collana: le perle valevano quindicimila sterline, e Lady Moya Felton era una persona che dava a ogni cosa un valore economico. Dopo poco suo padre riprese a parlare: - Ho telefonato a Scotland Yard e ho chiesto che mi mandassero il loro uomo migliore. A proposito, dov'è Mary?- - L'ho fatta chiudere nella sua stanza e ho chiesto a Fellows di stare davanti alla porta - rispose la ragazza. - A che ora arriverà l'uomo di Scotland Yard?-
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