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Una Ragione per Temere (Un Mistero di Avery Black—Libro 4)

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“Una trama dinamica che ti afferra dal primo capitolo e non ti lascia più andare.”

--Midwest Book Review, Diane Donovan (su Il killer della rosa)

Dall’autore #1 di gialli best seller Blake Pierce arriva un nuovo capolavoro di tensione psicologica: UNA RAGIONE PER TEMERE (Un mistero di Avery Black – Libro 4)

Quando un corpo sale a galla dal ghiacciato fiume Charles, la polizia di Boston si rivolge alla sua detective della squadra Omicidi più geniale e controversa, Avery Black, per risolvere il caso. Ad Avery però non serve molto per capire che non è un omicidio isolato, ma l’opera di un serial killer.

Altri corpi iniziano ad affiorare, e tutti hanno qualcosa in comune: sono stati tutti intrappolati nel ghiaccio. È solo una coincidenza, o la firma di un assassino particolarmente pervero?

Mentre la stampa e i capi le fanno pressione, Avery lotta per risolvere questo caso inesplicabile, troppo bizzarro persino per la sua mente brillante. Allo stesso tempo la detective cerca di sconfiggere la sua depressione, e la sua vita personale sprofonda in un nuovo baratro. In queste circostanze estreme prova a immedesimarsi nella mente di un killer psicotico e sfuggente.

Ciò che scoprirà turberà persino lei, e le farà capire che niente è come sembra—che l’oscurità peggiore spesso può essere più vicina di quanto non crediamo.

Un oscuro thriller psicologico di una suspense mozzafiato, UNA RAGIONE PER TEMERE è il #4 libro di un’appassionante nuova serie, con un’amata nuova protagonista, che vi costringerà leggere fino a notte inoltrata.

Presto sarà disponibile il #5 libro della serie di Avery Black.

“Un capolavoro del mistero e del giallo. Pierce ha fatto un lavoro magnifico sviluppando personaggi con un lato psicologico, descritti tanto bene che ci sembra di essere nelle loro teste, a provare le loro paure e applaudendo i loro successi. La trama è intelligente e vi terrà con il fiato sospeso per tutto il libro. Pieno di svolte inaspettate, questo libro vi terrà svegli fino a quando non avrete girato l’ultima pagina.”

--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su Il killer della rosa)

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PROLOGO
PROLOGO All’età di trentanove anni, Denice Napier non riusciva a ricordare un inverno freddo quanto quello. Anche se il gelo non le aveva mai dato particolarmente fastidio, il morso pungente del vento la turbava. Sentì una folata spazzare gli argini del Charles River mentre stava seduta nella sua sedia di tela, intenta a guardare i suoi figli che pattinavano, e trattenne il fiato. Era metà gennaio e la temperatura era salita di pochissimo sopra lo zero nell’ultima settimana e mezzo. I suoi figli, più furbi di quanto non le facesse piacere ammettere, sapevano che quelle temperature tanto estreme significavano che la maggior parte del Charles River sarebbe stata completamente ghiacciata. Era per quello che era andata nel garage e aveva tirato fuori i pattini per la prima volta in quell’inverno. Li aveva allacciati, aveva affilato le lame e aveva preparato tre termos di cioccolata calda, uno per lei e uno per ciascuno dei suoi figli. Ora li stava guardando mentre pattinavano da una riva all’altra con la velocità sconsiderata ma magnifica di cui solo i bambini erano capaci. La parte del fiume dove erano andati, una zona diritta ma stretta in mezzo alla foresta, ad appena due chilometri e mezzo di distanza da casa loro, era un’unica lastra di ghiaccio. Lì c’erano circa sei metri da una riva all’altra e più distante lungo il fiume si apriva uno spazio più ampio ancora, di circa nove metri. Denice aveva attraversato goffamente il ghiaccio e aveva appoggiato dei piccoli coni arancioni—quelli che i suoi figli a volte usavano per gli allenamenti di calcio—per mostrar loro dove fermarsi. Continuò a guardarli—Sam, di nove anni e Stacy, di dodici—che ridevano insieme e si godevano la reciproca compagnia. Quella non era una cosa che succedeva spesso per cui Denice era disposta a sopportare il freddo intenso. C’era anche qualche altro ragazzino. Denice ne conosceva qualcuno ma non abbastanza da intavolare una conversazione con i genitori, anche loro seduti sugli argini. La maggior parte dei ragazzi sul ghiaccio era più grande, probabilmente agli ultimi anni delle medie da quello che ne capiva. C’erano tre maschietti impegnati in una partita di hockey estremamente disorganizzata e un’altra ragazza che stava cercando di imparare a fare le piroette. Denice controllò l’orologio. Avrebbe lasciato altri dieci minuti ai figli e poi sarebbero andati a casa. Magari si sarebbero seduti davanti al camino e avrebbero guardato qualcosa su Netflix. Forse persino uno di quei film di supereroi che Sam stava iniziando ad apprezzare. Le sue riflessioni furono interrotte da uno strillo acuto. Guardò verso il fiume e vide che Stacy era caduta. Stava gridando, con il volto rivolto verso il ghiaccio. In quel momento ogni genere di istinto materno attraversò Denice. Una gamba rotta, una storta alla caviglia, una concussione… Aveva ipotizzato ogni possibile scenario quando finalmente ebbe attraversato il ghiaccio. Scivolò e incespicò affrettandosi verso Stacy. Anche Sam aveva pattinato fino alla sorella e stava fissando il ghiaccio. Solo che Sam non stava gridando. Più che altro sembrava paralizzato. “Stacy?” chiese Denice, quasi senza nemmeno sentire le proprie parole sopra le grida della figlia. “Stacy, tesoro, che cosa c’è?” “Mamma?” domandò Sam. “Cosa… cosa è quello?” Confusa, Denice raggiunse Stacy e si inginocchiò sul ghiaccio accanto a lei. Non sembrava ferita. Raggiunta finalmente dalla madre, aveva smesso di gridare ma stava tremando. Indicava il ghiaccio e stava cercando di aprire la bocca per dire qualcosa. “Stacy, quale è il problema?” Poi Denice vide la forma sotto il ghiaccio. Era una donna. Il suo volto era di una pallida sfumatura di blu e i suoi occhi erano spalancati. Erano rivolti verso l’alto, attraverso il ghiaccio, in uno stato di terrore congelato. I capelli biondi si attorcigliavano da una parte all’altra attorno al suo cranio, bloccati in una posizione scompigliata. Il volto che la fissava, tutto occhi sgranati e pelle pallida, sarebbe tornato a visitarla nei suoi incubi per mesi a venire. Ma in quel momento, tutto ciò che Denise poté fare fu gridare.

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