CAPITOLO QUATTRO

2195 Words
CAPITOLO QUATTRO Durante il viaggio verso Lincoln, passarono in rassegna varie teorie. Perché uccidere i barboni? Perché aspettare così a lungo prima di ricominciare a uccidere? Perché Ben White, il padre di Mackenzie? C’erano state altre vittime prima di Ben White, di cui semplicemente si ignorava l’esistenza? Le domande erano fin troppe e le risposte erano praticamente zero. Nonostante Mackenzie non amasse fare speculazioni, a volte era l’unica cosa possibile quando la realtà non ti offriva niente di concreto. Adesso che era tornata in Nebraska sembrava ancora più necessario. In uno stato così grande e senza piste solide, la speculazione era l’unico strumento a loro disposizione. In realtà una pista c’era, anche se sembrava un fantasma: biglietti da visita di un negozio inesistente. Di certo non erano d’aiuto. Mackenzie continuò a pensare ai biglietti da visita mentre raggiungevano Lincoln. Eppure dovevano avere uno scopo, anche se si fosse trattato solo di un enigma che l’assassino voleva che risolvessero. Mackenzie sapeva che i suoi colleghi di Washington avevano già provato a decifrare la chiave di lettura (ammesso che esistesse) ma fino a quel momento non avevano avuto fortuna. I biglietti da visita ritrovati sulle vittime finora sembravano comunicare un solo messaggio: che il killer voleva che sapessero quali delitti fossero opera sua. Voleva che le autorità tenessero il conto, che sapessero di quali omicidi fosse responsabile. Questo rivelava che l’assassino non si vantava soltanto del proprio operato, ma anche di essere riuscito a far impazzire l’FBI nel tentativo di scovarlo. Ellington parcheggiò l’auto davanti all’abitazione degli Scotts, una casa della classe medio-alta in un quartiere dove tutte le case si assomigliavano. I prati erano curati alla perfezione e mentre scendevano dalla macchina per andare alla porta d’ingresso degli Scotts, Mackenzie vide un paio di persone intente a portare a spasso i propri cani con gli occhi incollati allo schermo del cellulare. Mackenzie aveva letto nei fascicoli del caso le informazioni essenziali su Kim, la moglie di Jimmy Scott. Lavorava da casa come scrittore tecnico per un’azienda di software e le figlie erano a scuola ogni giorno fino alle 15:45. Un mese dopo la morte di Jimmy si era trasferita a Lincoln, dichiarando che tutto ciò che si trovava nella contea di Morrill non era altro che un devastante promemoria della vita che aveva vissuto con suo marito. Quando Mackenzie bussò alla porta erano le 15:07. L’ideale sarebbe stato entrare e uscire senza dover coinvolgere le figlie. Stando al fascicolo, per la maggiore, una promettente studentessa del primo anno delle superiori, la morte del padre era stato un colpo particolarmente duro. Una donna di mezza età dalla straordinaria bellezza aprì la porta. In un primo momento sembrò confusa, poi però, probabilmente dopo aver visto come erano vestiti Mackenzie ed Ellington, sembrò capire chi fossero e perché si trovassero lì. Corrugò leggermente la fronte e domandò: “Posso esservi d’aiuto?” “Sono l’agente White e questo è l’agente Ellington. Siamo dell’FBI” disse Mackenzie. “Speravamo che potesse rispondere a qualche domanda su suo marito.” “Dite sul serio?” fece Kim Scotts. “Mi sono lasciata questa storia alle spalle. E lo stesso vale per le mie figlie. L’ultima cosa che vorrei è riaprire quel capitolo, perciò mi dispiace ma devo dirvi di no...” Fece per chiudere la porta, ma Mackenzie la intercettò con una mano. “Capisco che abbia voltato pagina” le disse “ma purtroppo il killer no. Dopo suo marito ha ucciso almeno altre cinque persone.” Stava quasi per aggiungere che molto probabilmente si trattava dello stesso killer che aveva ucciso suo padre vent’anni prima, poi però decise di tenersi quel particolare per sé. Kim Scotts riaprì la porta, ma invece di invitarli ad entrare uscì sul portico. Questo atteggiamento non era una novità per Mackenzie: Kim voleva tenere qualunque conversazione sul defunto marito fuori dalle mura domestiche, “Come pensate che possa esservi d’aiuto?” chiese Kim. “Ho ripetuto quello che so almeno tre volte dalla morte di Jimmy. Non ho nuove informazioni.” “Lei no, ma il Bureau sì” precisò Mackenzie. “Tanto per cominciare, dopo suo marito e un altro uomo, a quanto pare il killer si è interessato ai senzatetto. Finora ne ha uccisi quattro, per quanto sappiamo. Sa se Jimmy avesse qualche legame con la comunità dei senzatetto?” A quanto pareva, quella domanda l’aveva lasciata perplessa. La sua espressione era a metà tra il confuso e il seccato. “No. L’unica cosa che ha in qualche modo a che fare con i senzatetto è che portava i vestiti che non indossava più all’Esercito della Salvezza. Lo facciamo un paio di volte l’anno, per liberare gli armadi.” “E che mi dice delle persone con cui lavorava? Sa se una di loro avesse qualche legame con i clochard, oppure anche solo con persone povere?” “Ne dubito. Oltre a lui c’erano solo altre due persone a gestire la piccola società di marketing. Non fraintendetemi... Jimmy è sempre stato un uomo caritatevole, ma né lui né io siamo mai stati particolarmente coinvolti nella comunità.” Mackenzie si sforzò di trovare qualcos’altro da chiedere, ma non ci riuscì. Adesso era quasi sicura che Jimmy Scotts fosse stato scelto a caso. Senza movente, senza ragione. Aveva solo avuto la sfortuna di essere stato visto e seguito dall’assassino. Inoltre questo le fece ipotizzare che anche le morti di Gabriel Hambry, Dennis Parks e suo padre fossero casuali. Anzi, forse no. C’è un collegamento fra mio padre e Dennis Parks. Quindi perché le altre vittime dovrebbero essere state selezionate a caso? “E le sue figlie?” chiese Ellington. “Potrebbero essere coinvolte in qualche progetto umanitario con la scuola?” “No” disse Kim. Dalla sua espressione era chiaro che non le facesse affatto piacere dover pensare alle figlie coinvolte in tutto quello. “Ha detto che suo marito lavorava in un’azienda di marketing. Sa se potrebbero aver avuto dei clienti legati in qualche modo ai progetti umanitari?” “Questo non lo so. Ma se anche fosse, sarebbe stato solo un piccolo progetto. Jimmy parlava con me solo di gradi progetti. Se volete comunque ho una copia di tutte le fatture. Mi è stato recapitato tutto alla sua morte. Vado a prenderle?” “Sì, sarebbe molto utile” disse Mackenzie. “Un momento, allora” disse Kim rientrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle, ancora una volta senza invitarli ad entrare. “Bella pensata quella dei clienti” disse Ellington. “Credi che troveremo qualcosa?” Mackenzie fece spallucce. “Tentare non costa nulla.” “Però potremmo dover indagare parecchio” le fece notare lui. “Vero, ma così almeno avremo qualcosa da fare durante le sei ore di viaggio per arrivare alla contea di Morrill.” “Che divertimento.” Kim tornò sul portico con cinque grossi raccoglitori impilati e legati da un elastico. “Ad essere sincera sono contenta di disfarmene. Se non è chiedere troppo, potreste farmi sapere se trovate qualcosa? È vero che ho fatto di tutto per lasciarmi la morte di Jimmy alle spalle, ma questo non significa che il mistero di tutto ciò a volte non mi faccia impazzire.” “Ma certo” disse Mackenzie. “Signora Scotts, grazie per la sua collaborazione.” Kim rivolse loro un breve cenno del capo e rimase in piedi sul portico mentre Mackenzie ed Ellington scendevano i gradini per tornare alla macchina. Mackenzie sentiva su di sé lo sguardo della vedova, che faceva di tutto perché nessuna menzione del marito morto entrasse in casa. Kim sembrò rilassarsi soltanto una volta che Mackenzie ed Ellington furono nell’auto. “Povera donna” disse Ellington. “Secondo te ha davvero voltato pagina?” “Forse. Lei dice di sì, ma non ci ha fatti entrare. Non voleva che si parlasse della sua morte dentro casa,” “Però allo stesso tempo” disse Ellington sollevando i raccoglitori, “sembrava contenta di liberarsi di questi.” “Forse vuoi disfarsi anche di tutti gli oggetti dentro casa che le ricordano di lui” gli fece notare. Si allontanarono dall’abitazione, diretti verso l’autostrada. Nessuno dei due proferì parola, quasi restando in un silenzio rispettoso per la vedova alla quale avevano appena parlato. *** Erano le cinque del pomeriggio quando arrivarono all’ufficio operativo e gli impiegati stavano smontando dal lavoro. Mackenzie si chiese come sarebbe stato avere il proprio tempo comandato da un orologio, piuttosto che dalle pressanti preoccupazioni che spesso le procuravano gli squallidi casi. Pensò che non facesse per lei. Lei ed Ellington incontrarono Penbrook nella stessa sala riunioni di quella mattina. La giornata era stata lunga, anche a causa del volo da Washington così mattiniero. Tuttavia, adesso che sapeva quale sarebbe stato il prossimo passo da compiere nell’indagine, Mackenzie si rese conto di avere nuove energie e di essere pronta a ripartire. Aggiornarono Penbrook sulla chiacchierata che avevano avuto con Kim Scotts e si presero del tempo per sfogliare i raccoglitori che la donna gli aveva passato. Lo fecero rapidamente, quasi come se fosse un allenamento di routine. “E qui ci sono stati sviluppi?” chiese Ellington. “Nessuno” disse Penbrook. “Sinceramente, mi interessa parecchio sapere cos’avete voi. Mi pare di capire che questo caso le stia particolarmente a cuore, agente White. Qual è la nostra prossima mossa?” “Voglio recarmi nella contea di Morrill. È là che mio padre e Jimmy Scotts sono stati uccisi. E dato che l’omicidio di mio padre sembra essere stato il primo della serie, credo che sia il luogo migliore da cui partire.” “Esattamente cosa cerca?” volle sapere Penbrook. “Ancora non lo so.” “Non si lasci ingannare” lo rassicurò Ellington. “È proprio quando sembra non sapere quello che cerca che ottiene i risultati migliori.” Mackenzie gli indirizzò un sorrisetto prima di riportare la propria attenzione su Penbrook. “Sono cresciuta in una città chiamata Belton. Partirò da lì e la mossa seguente si presenterà da sé.” “Se è questo che intende fare, non ho intenzione di dissuaderla” disse Penbrook “ma la contea di Morrill... non si trova tipo a sei ore da qui?” “Non mi dispiace guidare” replicò lei. “Non sarà un problema.” “Quando partirete?” “Presto, credo. Se partiamo per le sei, saremo a Belton entro mezzanotte.” “Allora, buona caccia” commentò Penbrook. Sembrava deluso e un po’ irritato. Mackenzie immaginò che fosse perché aveva creduto che lei ed Ellington sarebbero rimasti a lavorare con lui gomito a gomito fino alla chiusura del caso. Senza sforzarsi di mascherare la propria reazione, Penbrook si avviò alla porta. Voltando appena la testa per guardarli da sopra la spalla, fece loro un cenno di saluto. “Fateci sapere se vi serve qualcosa.” Una volta che Penbrook si fu chiuso la porta alle spalle, Mackenzie fece un sospiro. “Wow, non l’ha presa affatto bene, eh?” Dopo un momento di riflessione, Ellington rispose con voce calma e misurata: “Credo di capire il suo punto di vista.” “Ovvero?” chiese Mackenzie. “Gli omicidi più recenti sono avvenuti tutti vicino ad Omaha. Andare dall’altra parte del paese gli deve sembrare un’inutile perdita di tempo.” “Ma tutto è cominciato lì” protestò Mackenzie. “Ha perfettamente senso andarci.” Mackenzie intuì che Ellington si sarebbe voluto alzare per venire da lei, forse per abbracciarla o per stringerle le mani; ma si era impegnato molto a tenere separate la loro vita lavorativa da quella privata, così rimase seduto. “Ascolta” disse “capisco quanto questo caso sia importante per te. E ti conosco abbastanza da sapere che non ti fermerai finché non sarà risolto. Se vuoi andare a Belton, credo che dovresti farlo, però... credo che sarebbe meglio se io restassi qui.” Mackenzie non aveva mai nemmeno preso in considerazione l’idea di tornare nella sua città natale da sola. Poco più di un anno prima l’aveva fatto, ma allora le cose erano diverse; non aveva il supporto di Ellington su cui poter contare. La sua delusione le si doveva leggere in volto, perché Ellington stavolta si alzò dalla sedia. Si avvicinò e si fermò proprio davanti a lei, prendendole delicatamente le mani. “Vorrei venire anch’io. Sul serio. Ma abbiamo già commesso questo sbaglio. Ce ne andiamo in un posto lontano dal cuore dell’indagine solo per scoprire al nostro ritorno che è successo qualcosa di grosso. Stavolta non possiamo permetterci un errore di valutazione simile. Se senti di dover andare nella contea di Morrill, allora vai, ma è meglio che io resti qui alla centrale operativa. A costo di sembrarti uno stronzo... questo non è solo il caso di tuo padre. Ci sono molte vittime anche qui a Omaha. Vittime recenti.” Naturalmente ha ragione, pensò Mackenzie. Ma allo stesso tempo... perché abbandonarmi quando ho più bisogno di lui? Tuttavia annuì in silenzio. Non era quello il momento di fare scenate. Anzi, sperava di non doverne mai fare. Tra l’altro... perché avrebbe dovuto prendersela con lui per essere riuscito a separare il loro rapporto lavorativo da quello sentimentale? Lei sicuramente non ci stava riuscendo in quel momento. “Sì, hai ragione” gli disse quindi. “Magari tu puoi iniziare a perlustrare le strade e parlare con qualche senzatetto.” “Era quello che avevo in mente, però Mac... se vuoi che venga insieme a te...” “No” disse lei “me la caverò. Facciamo come dici tu, è meglio.” Detestava non riuscire a nascondere il proprio disappunto. Sapeva che Ellington non metteva in dubbio il suo istinto e sapeva anche che dividersi era la tattica migliore in quel caso. Ma stava per tornare nella sua città natale per affrontare demoni che aveva finora ignorato. Quella era la prima vera occasione per Ellington di farsi avanti e dimostrarle l’uomo che poteva essere per lei. Invece aveva deciso di comportarsi da bravo agente più che da bravo fidanzato. Lei lo capiva e, Dio l’aiuti, questo la fece innamorare di lui ancora di più. “Non sono uno stupido, Mac” disse. “Sei arrabbiata. Posso venire con te, non è una tragedia.” “Non sono arrabbiata... non con te. È solo che odio come questo caso mi faccia sentire di essere due persone diverse. Ma hai ragione tu, devi restare qui.” Lo baciò all’angolo della bocca e andò verso la porta. “Quindi te ne vai così?” “Sempre meglio che tirarla per le lunghe e arrabbiarsi ulteriormente, non credi? Ti chiamo appena trovo una stanza in albergo.” “Sei sicura di voler fare così?” le chiese lui. Non so cosa voglio, pensò lei. Ed è questo il problema. Ma quello che disse fu solo: “Sì. È la strategia migliore. Ci sentiamo verso mezzanotte.” Quindi uscì dalla sala riunioni. Le ci volle tutta la propria determinazione per non voltarsi e spiegargli che non avesse idea del perché l’idea di separarsi la turbasse tanto. Così si obbligò a non fermarsi. Mentre andava a procurarsi una macchina, tenne gli occhi bassi e non parlò con nessuno.
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