CAPITOLO QUATTRO
Keri aspettava ansiosamente in macchina guardando l’orologio mentre se ne stava fuori dagli uffici di Weekly L.A., il giornale alternativo dove aveva chiesto all’agente Jamie Castillo di vedersi. Era anche il luogo in cui la sua amica Margaret “Mags” Merrywether lavorava come editorialista.
Il tempo stava stringendo. Erano già le 12:30 di venerdì, pressappoco a trentasei ore da quando sua figlia sarebbe stata stuprata e uccisa in modo rituale per il piacere di un gruppo di benestanti uomini dall’animo malato.
Keri vide Jamie percorrere la strada e si scacciò i pensieri oscuri dalla mente. Aveva bisogno di concentrarsi su come impedire la morte di sua figlia, non di ossessionarsi sulla sgradevolezza di come avrebbe potuto svolgersi la cosa.
Come aveva richiesto, Jamie indossava un cappotto civile sopra l’uniforme per attirare meno l’attenzione. Keri la salutò con la mano dal sedile del conducente, ottenendo la sua attenzione. Jamie sorrise e andò verso la macchina, i capelli scuri che si sollevavano nell’amaro vento nonostante fossero raccolti all’indietro in una coda di cavallo. Era più alta di Keri di qualche centimetro, e anche più atletica. Era una fanatica del parkour e Keri aveva visto cosa poteva fare se costretta.
L’agente Jamila Cassandra Castillo non era ancora una detective. Ma Keri era sicura che quando ce l’avrebbe fatta sarebbe stata una detective fantastica. Oltre alle sue capacità fisiche, era tosta, sveglia, inarrestabile e leale. Aveva già messo la sua sicurezza, e persino il suo lavoro, a rischio per Keri. Se non fosse già stata partner di Ray, Keri sapeva quale sarebbe stata la sua scelta successiva.
Jamie montò in macchina con cautela, facendo involontariamente una smorfia, e Keri ricordò perché. Durante la caccia al sospettato che aveva causato a Keri le ferite attuali, Jamie si era trovata nelle vicinanze di una bomba che era esplosa nell’appartamento del tipo. Aveva ucciso un agente dell’FBI, ne aveva gravemente ustionato un altro, e aveva lasciato Ray con un pezzo di vetro nella gamba destra, cosa che da allora lui non aveva più menzionato. Jamie era finita con una commozione e alcuni seri lividi.
“Non sei stata dimessa dall’ospedale appena oggi?” chiese Keri incredula.
“Già,” disse con orgoglio nella voce. “Mi hanno lasciata andare stamattina. Sono andata a casa, mi sono messa l’uniforme, e sono arrivata al lavoro con dieci minuti di ritardo. Il tenente Hillman è stato tollerante, però.”
“Come vanno le orecchie?” chiese Keri facendo riferimento alla perdita di udito di cui aveva sofferto Jamie negli istanti successivi all’esplosione della bomba.
“Ti sento bene adesso. Ci sono dei fischi intermittenti. Il dottore dice che dovrebbe andar via tutto in una settimana o due. Nessun danno permanente.”
“Non ci credo che oggi lavori,” borbottò Keri scuotendo la testa. “E non ci credo che ti sto chiedendo di dare il massimo il tuo primo giorno di ritorno al lavoro.”
“Non è un problema,” la rassicurò Jamie. “Avevo bisogno di uscire per un po’. Tutti mi trattavano come una bambola di porcellana. Ma devo tornare subito o finisco col perdere tempo. Ho portato quello che mi hai chiesto, però.”
Prese un documento dalla borsa e lo porse a Keri.
“Grazie.”
“Nessun problema. E, prima che me lo chiedi, ho usato lo username ‘generale’ quando ho fatto ricerche nel database, quindi non arriveranno a me. Presumo che ci sia una ragione per cui non volevi che usassi il mio ID. E presumo anche che ci sia una ragione per cui non mi hai detto niente sul perché hai chiesto questa roba.”
“Presumi correttamente,” disse Keri sperando che Jamie lasciasse le cose così.
“E presumo che non mi dirai che cosa sta succedendo né che mi permetterai di aiutarti in qualche modo, vero?”
“È per il tuo bene, Jamie. Meno sai meglio è. E meno persone sanno che mi hai aiutata, meglio è per quello che sto facendo.”
“Okay. Mi fido di te. Ma se scopri che a un certo punto della strada ti serve aiuto, hai il mio numero.”
“Sì,” disse Keri stringendo appena la mano a Castillo.
Aspettò finché l’agente non fu tornata alla sua auto e non si fu immessa in strada prima di smontare dalla sua. Stringendo il documento che Castillo le aveva dato forte contro al corpo, Keri si precipitò su per i gradini e nell’edificio del Weekly L.A., dove Mags e, si sperava, alcune risposte, la stavano aspettando.
*
Due ore dopo, si sentì bussare alla porta della sala conferenze dove Keri aveva messo su un ufficio e stava esaminando documenti. La larga tavola nel centro della stanza era coperta di carte.
“Chi è?” chiese. La porta si aprì leggermente. Era Mags.
“Davo solo un’occhiata,” disse. “Volevo vedere se volevi una mano, tesoro.”
“A dire il vero, una piccola pausa mi farebbe bene. Entra.”
Mags entrò, chiuse a chiave la porta dietro di lei, si assicurò che le tendine fossero ancora del tutto chiuse in modo che nessuno potesse vedere dentro, e si avvicinò. Ancora una volta, Keri si meravigliò di essere diventata amica con quella che essenzialmente era una versione vivente di Jessica Rabbit.
Margaret Merrywether era alta più di un metro e ottanta, anche senza i tacchi che di solito usava. Statuaria, con pelle bianco latte, ampie curve, rossi capelli fiammanti in tinta con le labbra rosso rubino e luminosi occhi verdi, sembrava essere uscita dalle pagine di una rivista di alta moda per amazzoni.
E tutto questo prima che aprisse la bocca per rivelare un accento che ricordava Rossella O’Hara, solo leggermente eroso da una lingua al vetriolo che faceva più Rosalind Russell in La signora del venerdì. Solo quel tono vagamente caustico accennava all’alter ego di Margaret (Mags per gli amici). Era venuto fuori che scriveva anche sotto allo pseudonimo di “Mary Brady,” l’editorialista scandalistica del giornale alternativo che aveva portato al crollo politici locali, che aveva scoperto abusi aziendali, e sfidato poliziotti corrotti.
Mags era anche una madre di due figli felicemente divorziata, resa ancor più benestante dopo aver diviso la sua strada da quel banchiere del suo ex marito. Keri l’aveva conosciuta lavorando a un caso, e dopo l’inziale sospetto che l’intera sua immagine pubblica fosse una specie di elaborata forma di performance art, era fiorita un’amicizia. Keri, che non aveva molti amici al di fuori del lavoro, era felice di essere quella noiosa per una volta.
Mags sedette accanto a Keri e guardò il collage di documenti della polizia e ritagli di giornale disseminati sul tavolo.
“Allora, tesoro, mi hai chiesto di raccogliere copie di ogni articolo che il giornale abbia mai scritto su Jackson Cave. E vedo che hai chiesto a qualcuno del dipartimento di fare lo stesso con tutto ciò che hanno su di lui. Poi ti sei chiusa qui per due ore. Sei pronta a dirmi che cosa succede?”
“Sì,” disse Keri. “Ma prima dammi un attimo.”
Si alzò, estrasse un rilevatore di microspie dalla borsa e procedette a vagliare l’intera sala conferenze. Mags sollevò le sopracciglia, ma non parve sconvolta.
“Sai, tesoro,” cominciò, “difficile che io sia il tipo da dirti che sei troppo cauta. Ma faccio fare a livello professionale questa roba due volte a settimana.”
“Non ho dubbi,” disse Keri. “Ma grazie di assecondarmi. Questo mi è stato dato un amico patito della tecnologia di cui mi fido.”
“Qualcuno del dipartimento?” chiese Mags.
“No, a dire il vero è una guardia di sicurezza di un centro commerciale. È una storia lunga, ma diciamo solo che il tipo sa il fatto suo e mi doveva un favore, perciò quando gli ho chiesto un consiglio per un rilevatore di microspie me l’ha dato in regalo.”
“Pare una storia lunga che mi piacerebbe stare a sentire quando avremo un po’ più di tempo,” disse Mags.
Keri annuì distrattamente continuando a controllare la stanza. Mags sorrise e aspettò pazientemente. Quando Keri ebbe finito senza trovare nulla, tornò a sedersi.
“Okay, ecco che c’è,” disse, e si lanciò nella sua storia con Cave, la maggior parte della quale Mags già conosceva.
Anzi, la sua amica di recente l’aveva aiutata a ottenere informazioni da un assassino mercenario collegato a Cave. Era un uomo conosciuto solo come il Vedovo Nero, una figura misteriosa che guidava una Lincoln Continental nera senza targhe.
Mesi prima Keri aveva visto il filmato di una telecamera di sicurezza in cui lui uccideva con naturalezza l’uomo che teneva Evie, la gettava nel suo portabagagli e spariva con lei nella notte, il tutto, sospettava Keri, su ordine di Cave.
In qualche modo Mags era riuscita a trovare un modo di contattare in forma anonima il Vedovo Nero. Era venuto fuori che lui era felice di passarle una pista sul luogo in cui si trovava Evie a un prezzo considerevole. Sembrava non avere senso della lealtà, il che funzionò bene per Keri in quel caso perché le sue informazioni alla fine l’avevano portata a venire a sapere dell’esistenza dell’evento Vista.
Però, nonostante alcuni particolari, come il collegamento del Vedovo Nero, per lei fossero notizie vecchie, Mags non disse niente. Non la interruppe neanche una volta, anche se prese un blocco per prendere qualche appunto occasionale. Ascoltò meticolosamente, dall’inizio fino alla telefonata di Susan Granger di quella mattina sul fatto che Evie sarebbe stata il Premio di sangue al Vista.
Quando fu sicura che Keri avesse finito, fece una domanda.
“Capisco la difficoltà della tua situazione, Keri. E sono orripilata per te. Però ancora non capisco. Perché stai lì a fissare centinaia di carte sul signor Cave?”
“Perché sono alla frutta, Mags. Non ho altre piste. Non altri indizi. L’unica cosa che so per certo è che Jackson Cave in qualche modo è coinvolto nel caso di mia figlia.”
“Ne sei certa?” chiese Mags.
“Sì,” disse Keri. “Non penso che all’inizio lo fosse. Probabilmente non aveva idea che una delle vittime dei suoi rapitori fosse figlia mia. Dopotutto, non ero neanche una detective all’epoca. Ero professoressa al college. La sua scomparsa è la ragione per cui sono diventata una poliziotta. Non so neanche in quale momento ho attirato la sua attenzione. Ma a un certo punto deve aver messo insieme i pezzi e deve aver capito che la bambina che la detective stava cercando era stata rapita da qualcuno a cui aveva dato il lavoro lui.”
“E pensi che lui abbia cercato il luogo in cui si trova?” chiese Mags. “Pensi che sappia dov’è adesso?”
“Quelle sono due domande molte diverse. Sono sicura che a un certo punto abbia indagato su dove si trovasse. Sarebbe stato nel suo interesse conoscere le sue condizioni. Ma probabilmente molto prima di quando io ho cominciato a fiutare qualcosa su di lui. Una volta che ha sospettato che lo stavo esaminando, non ho dubbi che si sia assicurato di non poter essere collegato a lei. Sa che se io pensassi che lui può condurmi a Evie lo seguirei notte e giorno. Probabilmente teme che lo rapisca e che lo torturi per farmi dire dove si trova.”
“Lo faresti?” chiese Mags, più curiosa che accusatoria.
“Sì. Lo farei un milione di volte.”
“Anch’io,” sussurrò Mags.
“Perciò non penso che Jackson Cave sappia dove si trova mia figlia o chi ce l’abbia. Ma penso anche che conosca degli individui che conoscono degli individui che sanno dove si trova. Penso che potrebbe scoprire dove si trova in questo momento se lo volesse. E penso che potrebbe dirigerla in un luogo specifico in un dato momento, se ne avesse voglia. È questo che credo che stia succedendo. Penso che Evie sia il Premio di sangue perché lui vuole che lo sia. E in qualche modo i suoi desideri sono stati trasmessi alle persone che possono fare accadere la cosa.”
“Allora vuoi seguire quella traccia?”
“No,” disse Keri. “Il labirinto da lui a lei è troppo complicato perché lo comprenda, anche se avessi tempo illimitato, cosa che ovviamente non ho. È una tana di coniglio nella quale non scenderò. Però ho cominciato a capire che per tutto questo tempo ho visto Jackson Cave solo come un nemico, come l’orchestratore che mi tiene lontana da mia figlia, la forza malevola che ha lo scopo di distruggere la mia famiglia.”
“E non lo è?” chiese Mags, sorpresa e quasi offesa.
“Sì, lo è. Ma non è così che si vede lui. E non è quello che è stato sempre. Ho capito che devo dimenticare i miei preconcetti per imparare chi è questo tipo e che cosa lo fa agire.”
“Perché ti importa di che cosa lo fa agire?”
“Perché non posso sconfiggerlo se non capisco come pensa, quali sono i suoi moventi. E se non capisco che cos’è davvero importante per lui, nel profondo, non avrò mai una leva da usare su di lui. Ed è di questo che ho davvero bisogno, Mags – una leva. Questo tipo non mi fornirà volontariamente alcuna informazione. Ma se riesco a determinare qual è la cosa più importante per lui, magari posso usarla per riavere mia figlia.”
“Come?”
“Non ne ho idea… per il momento.”