Capitolo Uno
Capitolo Uno
23 Marz0 2019
Mi passai la mano sul viso, cercando di spazzare via la nebbia che mi avvolgeva la mente. Mentre lo facevo, le mie dita si impigliarono in qualcosa che era bloccato nel mio naso.
Che diamine? Dove sono?
Il tubo sembrava che fosse a metà della mia gola. Provai ad estrarlo, ma era come incollato alla mia faccia. Il mio cervello era in pappa, alla deriva. Provai a fare mente locale.
Ancora niente, solo immagini confuse. Niente a cui potermi aggrappare. I miei occhi sono aperti, ma davanti a me una visione nebulosa di… cosa? Sono come dentro una nuvola. Delle cose bianche e metallo lucido. Tubi. Rumore. Ospedale.
Ospedale. Oh, certo. E quel dottore che sembra avere circa dodici anni. E un’espressione troppo triste per un bambino.
Mi sentivo come se fossi stato schiacciato e ricomposto in un pezzo di merda. Il dolore era poco, ma la mia mente sembrava cemento fresco.
Probabilmente mi hanno drogato con degli antidolorifici.
Ottimo.
Spero che si ricordino, "Non rianimare". Non voglio restare aggrappato a una vita di tubi, respiratori e segnali acustici.
Un suono morbido e frusciante..
Un uomo in divisa blu, un delizioso blu elettrico.
Un altro dottore? Comunque, questo non è un adolescente. Per favore, non darmi nessuna consolazione del cazzo su qualche altro anno di cosiddetta vita. Ho quasi ottant'anni. Ancora qualche anno di sofferenza e sacrifici per Caitlion non è quello che desidero. Strappate questi tubi e lasciatemi andare!
L'uomo in blu accostò una sedia a fianco al mio letto, si sedette e sorrise. Non si mise a controllare i miei riflessi vitali, non dette alcuna occhiata attenta ai monitor, non portava nessuno stetoscopio intorno al collo, non si mise a bucarmi con degli aghi; sorrideva e basta. Era un ragazzo grosso, forse sui 90 kili, barba chiara, capelli castani, occhi blu, blu scuro, come quello della prima ombra della notte.
“Che cavolo ti…Cazzo. Gola secca.Provai a deglutire.“Che cazzo ride?”
“E’ ora.”
La sua voce era sottile, non virile come mi aspettavo. Era più simile alla voce della mamma, di quando ero bambino. Morbida, piacevole, mi faceva sentire come se tutto andasse bene
Un altro rumore. La porta si spalancò. Girai la testa sul cuscino per scrutare l'infermiera.
Lei li guardò, i monitors. Mi chiesi perché invece il dottore non mostrava alcun interesse a farlo.
Batté un'unghia rossa su un display digitale, poi mi sorrise, ignorando il dottore.
Cercai di essere meno ruvido che potevo. Era carina, giovane, e ventenne. La sua carnagione era del colore del grano dorato in estate.
“Si sente meglio oggi, signor Brindley?”
Annuii..
“Tra poco le porteranno una bella spremuta di prugne e susine e poi il dottore verrà a visitarla.”
Quando cercai di alzare la mano destra per indicare il dottore seduto accanto a me, me la ritrovai appesantita da un tubo e due aghi inseriti sul dorso.
Lei se ne andò prima che potessi dire qualcosa.“Forse, le piacerebbe incontrare la sua famiglia.” disse il dottore.
“Va male, vero?”
Lui annuì. “Dobbiamo iniziare.”
“Se conosco mia nipote, è da qualche parte qui fuori..”
“Dorme su una poltroncina, in sala d’aspetto.”
“Può chiamarla?”
“No, può premere lei quel pulsante.”
“Dov’è?”
“A destra della sua mano.”
“Oh, okay.”
Armeggiai un po’ per trovarlo, poi lo premetti. La mia infermiera entrò subito.
“Che posso fare per lei, caro?” Mi appoggiò una morbida mano sulla spalla. Mi piaceva. Era schietta, senza fronzoli.
“C’è Caitlion, fuori?”
Lei annuì. “Credo di sì. E’ la fuori da prima che io montassi.”
Povera creatura. Sta bene? Spero sia pronta. Ho resistito fino a quando non ha compiuto diciotto anni. Non volevo che altra gente prendesse decisioni per lei. Siamo rimasti solo io e lei da quando aveva due anni, da quando sua madre è fuggita con un camionista di Wichita. Tra qualche settimana Caitlion sarà benestante. Sola, ma potrà andare all'università o in Europa ... qualunque cosa desideri fare. So che il prossimo mese sarà molto difficile.
“Papà.”
Eccola lì, la mia bella ragazza, che mi prende la mano e si china per darmi un bacio sulla guancia. Il suo nome, Caitlion, il contratto di Kate Lion, viene dalle parole confuse di sua madre quando era piena di fentanil ed eroina. Stava cercando di dire "Tavion", qualunque cosa significasse.
“Hey, piccola.”
Indossava jeans con buchi fatti ad arte e una maglietta rosa su cui era scritto "5 persone su 4 hanno difficoltà con la matematica".
Mi venne da sorridere.
“Stai meglio, oggi!” disse.
Capelli lunghi ramati. I suoi occhi castani erano profondi, e vi aleggiava un pizzico di mistero, come se nascondessero un particolare segreto. Si era tinta le punte dei capelli di un colore biondo miele, credo quello che chiamano babylights. E sempre, un bel sorriso.
Soffiai uno sbuffo d'aria dal tubo nel naso e agitai la mano, scacciando via le sue parole. "Penso ... che siamo alla fine, tesoro."
“No, papa! Non è così!” Mi prese una mano, facendo attenzione alla flebo.