CAPITOLO I Vicolo Picpus, numero 62 Non v’era nulla che più rassomigliasse, mezzo secolo fa, ad un portone qualunque, quanto il portone del numero 62 del vicolo Picpus. Quel portone, abitualmente socchiuso nel modo più invitante, lasciava scorgere due cose che non hanno nulla di molto funebre, vale a dire un cortile, circondato da muri letteralmente tappezzati di viti, e la faccia d’un portiere in ozio; al disopra del muro, in fondo, si scorgevano alcuni grandi alberi. Quando un raggio di sole rallegrava il cortile, quando un bicchier di vino rallegrava il portiere, era difficile passare davanti al numero 62 del vicolo Picpus senza riportarne un’impressione ridente; eppure, s’era intravisto un luogo tetro. Se la soglia sorrideva, la casa pregava e piangeva. Se, cosa non molto facile,