CAPITOLO CINQUE

1724 Words
CAPITOLO CINQUE Avery parcheggiò l’auto per strada, tra le altre macchine della polizia e si preparò, osservando il quartier generale del dipartimento di polizia A7 su Paris Street, nell’East Boston. Fuori dalla stazione c’era tutto il circo mediatico. Era stata indetta una conferenza stampa per parlare del caso e vari furgoni della televisione, telecamere e giornalisti bloccavano la strada, nonostante diversi agenti cercassero di convincerli a spostarsi. “Il tuo pubblico ti aspetta,” notò Ramirez. Sembrava che non vedesse l’ora di essere intervistato. Teneva la testa dritta e sorrideva a ogni giornalista si voltasse verso di lui. Con suo grande disappunto, nessuno si avvicinò. Avery stava a capo chino e camminò più velocemente possibile per entrare nella stazione. Odiava le folle. C’era stato un momento della sua vita, quando faceva l’avvocato, in cui le era piaciuto che la gente conoscesse il suo nome e le si radunasse attorno durante i processi, ma da quando lei stessa era stata metaforicamente processata dalla stampa, aveva imparato a disprezzare la loro attenzione. Ma i giornalisti le accorsero subito intorno. “Avery Black,” disse uno, mettendole un microfono in faccia. “Ci può dire qualcosa sulla donna assassinata sulla marina?” “Perché si sta occupando del caso, detective Black?” gridò un altro. “Questo è l’A7. È stata trasferita a un altro dipartimento?” “Che cosa pensa della nuova campagna del sindaco, Fermiamo il Crimine?” “Lei e Howard Randall state ancora insieme?” Howard Randall, pensò. Nonostante il prepotente desiderio di tagliare tutti i ponti con Randall, Avery non era riuscita a toglierselo dalla mente. Ogni giorno dal loro ultimo incontro, l’assassino aveva trovato un modo per strisciare nei suoi pensieri. A volte un semplice profumo o un’immagine era tutto ciò che bastava per sentire le sue parole: “Ti fa venire in mente qualcosa della tua infanzia, Avery? Che cosa? Dimmi…” Altre volte, lavorando su diversi casi, aveva cercato di pensare come avrebbe fatto lui per trovare la soluzione. “Fuori dai piedi!” gridò Ramirez. “Spostatevi! Fate spazio. Andiamo.” Le appoggiò una mano sulla schiena e la sospinse nella stazione. Il quartier generale dell’A7, un grande palazzo di mattoni e pietra, aveva recentemente subito una grossa modernizzazione degli interni. Le scrivanie di metallo e l’atmosfera cupa, tipica dell’organizzazione statale, erano svanite. Al loro posto c’erano eleganti tavoli argentati, sedie colorate e uno spazio aperto per le attese che sembrava più l’ingresso di un parco giochi. Come l’A1, ma ben più moderna, la sala conferenze aveva le pareti di vetro così che la gente potesse guardare fuori su tutto il piano. Sul grande tavolo ovale di mogano c’erano microfoni davanti a ogni posto a sedere e campeggiava un grande televisore a schermo piatto per le teleconferenze. O’Malley era già seduto al tavolo accanto a Holt. Ai loro lati c’erano il detective Simms e il suo partner, e due persone che Avery immaginò fossero l’addetto della scientifica e il coroner. Rimanevano due posti liberi in fondo al tavolo, vicino all’ingresso. “Sedetevi,” fece loro cenno O’Malley. “Grazie per essere venuti. Non vi preoccupate, non vi starò con il fiato sul collo per tutto il tempo,” disse rivolto ai presenti, con particolare enfasi verso Avery e Ramirez. “Voglio solo essere sicuro che siamo tutti dalla stessa parte.” “Sei sempre il benvenuto qui,” disse Holt con genuino affetto verso O’Malley. “Grazie, Will. Comincia pure.” Holt indicò il suo agente. “Simms?” disse. “Okay,” disse Simms, “credo che stia a me. Perché non cominciamo con la scientifica, passiamo al rapporto del coroner e poi vi dico del resto della nostra giornata,” disse in particolare al capitano Holt, prima di voltarsi verso l’esperto della Scientifica. “Che te ne pare, Sammy?” Uno snello uomo indiano era a capo della loro squadra scientifica. Portava giacca e cravatta e sollevò i pollici quando venne fatto il suo nome. “Sì, signore, Mark,” disse con entusiasmo. “Come abbiamo già detto, abbiamo molto poco su cui lavorare. L’appartamento era pulito. Niente sangue, nessun segno di lotta. Tutte le telecamere sono state bloccate con una resina epossidica trasparente che si può comprare in una qualsiasi ferramenta. Abbiamo trovato resti di fibre di guanti neri, ma anche quelli non ci danno alcun solido indizio.” Il detective Simms continuava a lanciare sguardi verso Avery. Sammy stava facendo fatica a capire chi era al comando. Continuava a guardare Simms, Holt e tutti gli altri. Alla fine capì l’antifona e iniziò a rivolgersi ad Avery e a Ramirez. “Però abbiamo qualcosa dal cantiere navale,” continuò Sammy. “Ovviamente l’assassino ha disabilitato le telecamere anche lì, come nell’appartamento. Per arrivare al cantiere senza essere notato deve essersi mosso tra le undici di sera, quando l’ultimo operaio lascia la marina, e le sei del mattino, quando arriva il primo turno. Abbiamo trovato le stesse impronte di scarpe nel cantiere navale e sulla barca, prima che altri agenti di polizia arrivassero sulla scena. L’impronta è di uno stivale numero quarantatré, marca Redwings. Sembra che zoppichi per una possibile ferita alla gamba destra, dato che la scarpa sinistra lascia un calco più profondo dell’altra.” “Eccellente,” commentò orgoglioso Simms. “Abbiamo anche controllato quella stella disegnata sul ponte,” continuò Simms. “Non abbiamo trovato materiale genetico. Tuttavia abbiamo trovato una fibra nera simile a quelle del guanto nell’appartamento, quindi è un collegamento interessante, grazie, detective Avery.” Annuì verso la detective. Aver annuì a sua volta. Holt sbuffò. “Infine,” concluse Sammy, “crediamo che il corpo sia stato portato al cantiere navale all’interno di un tappeto arrotolato, dato che su di esso c’erano molte fibre di tappeto e che ne mancava uno dalla casa.” Annuì per indicare che aveva finito. “Grazie, Sammy,” disse Simms. “Dana?” Fu il turno di una donna in camice bianco da laboratorio, che sembrava avrebbe preferito essere ovunque tranne che in quella stanza. Era sulla mezza età, con lisci capelli castani che le arrivavano alle spalle e un costante cipiglio sul volto. “La vittima è morta in seguito alla frattura del collo,” disse. “C’erano lividi sulle braccia e le gambe che indicano che è stata spinta a terra o contro una parete. La donna è morta da circa dodici ore. Non c’erano segni di penetrazione forzata.” Si riappoggiò all’indietro con le braccia incrociate. Simms sollevò le sopracciglia e si voltò verso Avery. “Detective Black? Qualcosa sulla famiglia?” “Un vicolo cieco,” disse Avery. “La vittima vedeva i genitori una volta alla settimana per portargli la spesa e preparargli la cena. Niente fidanzato. Nessun altro parente stretto a Boston. Ma aveva uno stretto gruppo di amiche con cui dovrò parlare. I genitori non sono sospetti, quasi non riuscivano ad alzarsi dal divano. Avremmo cominciato a fare ricerche sulle amiche, ma non ero sicura del protocollo,” disse, con uno sguardo a O’Malley. “Grazie,” disse Simms. “Abbiamo capito. Credo che dopo questa riunione sarai tu al comando, detective Black, ma non sono io a decidere. Ecco cosa ha scoperto la mia squadra finora. Abbiamo controllato i suoi tabulati telefonici e gli indirizzi email. Lì niente di strano. Le telecamere del palazzo erano disattivate e l’edificio non appare in altre riprese. Però abbiamo trovato qualcosa alla libreria della Venemeer. Oggi era aperta. Ha due dipendenti a tempo pieno. Non sapevano della sua morte ed erano sinceramente sconvolti. Nessuno dei due sembra un possibile sospettato, ma entrambi hanno detto che di recente il negozio ha avuto dei problemi con una banda locale chiamata Chelsea Death Squad. Il nome viene dal loro punto di ritrovo principale, su Chelsea Street. Ho parlato con la nostra unità che si occupa di bande e ho saputo che sono una gang ispanica relativamente nuova, affiliata alla lontana con qualche cartello. Il loro capo è Juan Desoto.” Avery aveva sentito parlare di Desoto ai tempi in cui lavorava sulle gang, durante i suoi primi anni in polizia. Era un pesce piccolo con una squadra appena formata, ma per anni aveva fatto il sicario per molte grosse bande in tutta Boston. Perché un assassino della mafia con la propria banda avrebbe voluto uccidere la proprietaria di una piccola libreria e depositarne il corpo in bella vista su uno yacht? si chiese. “Sembra che tu abbia trovato una buona pista,” esclamò Holt. “È seccante dover cedere le redini a un dipartimento dall’altra parte del canale. Purtroppo è la vita. Non è vero, capitano O’Malley? Un compromesso, giusto?” Sorrise. “È giusto,” rispose con riluttanza O’Malley. Simms si raddrizzò. “Juan Desoto sarebbe sicuramente il mio sospettato numero uno. Se questo fosse il mio caso,” sottolineò, “cercherei di andare a trovare lui per primo.” La frecciatina infastidì Avery. Davvero mi serve tutto questo? pensò. Anche se era molto incuriosita dal caso, i confini confusi tra i responsabili la disturbavano. Devo seguire i suoi ordini? Ora è lui il mio supervisore? O posso fare quello che voglio? O’Malley sembrò leggerle il pensiero. “Credo che qui abbiamo finito. Giusto, Will?” disse, prima di rivolgersi esclusivamente ad Avery e a Ramirez. “Da adesso voi due siete i responsabili, a meno che non dobbiate consultarvi con il detective Simms a proposito delle informazioni di cui abbiamo appena parlato. Proprio ora stanno facendo delle copie dei file per voi. Verranno inviate all’A1. Dunque,” si alzò con un sospiro, “a meno che non ci siano altre domande, potete iniziare. Io ho un dipartimento da gestire.” * La tensione dentro l’A7 continuò a innervosire Avery fino a quando non si furono allontanati dall’edificio e dai giornalisti, e furono di nuovo in auto. “È andata bene,” esultò Ramirez. “Ti rendi conto di cosa è appena successo là dentro?” chiese. “Ti hanno appena affidato il più grosso caso che l’A7 abbia avuto da anni, e solo perché sei Avery Black.” Avery annuì silenziosamente. Essere al comando aveva un alto costo. Poteva fare le cose a modo suo, ma se ci fossero stati dei problemi sarebbero stati solo una sua responsabilità. Oltretutto, aveva la sensazione che quella non sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe avuto notizie dall’A7. Mi sembra di avere due capi adesso, gemette dentro di sé. “Quale è la nostra prossima mossa?” chiese Ramirez. “Ripartiamo da zero con l’A7 e andiamo a trovare Desoto. Non sono certa di che cosa troveremo, ma se la sua banda stava molestando la proprietaria di una libreria, vorrei sapere il perché.” Ramirez fischiò. “Come fai a sapere dove trovarlo?” “Tutti sanno dove trovarlo. Ha un piccolo caffè su Chelsea Street, vicino alla tangenziale e al parco.” “Credi che sia il nostro uomo?” “Non sarebbe la prima volta che Desoto ammazza qualcuno.” Avery scrollò le spalle. “Non sono sicura che questa scena del crimine corrisponda al suo modus operandi, ma potrebbe saperne qualcosa. A Boston è una leggenda. Da quello che so, ha lavorato per i neri, gli irlandesi, gli italiani, gli ispanici, tutti. Quando ero una recluta lo chiamavano l’Assassino Fantasma. Per anni nessuno ha nemmeno creduto che esistesse. L’unità anti crimine organizzato gli ha affibbiato degli omicidi persino a New York, ma nessuno è mai riuscito a dimostrare qualcosa. Ha sempre avuto quel caffè, da quando lo conosco.” “Lo hai mai incontrato?” “No.” “Sai che faccia ha?” “Sì,” disse lei. “Una volta ho visto una sua foto. Ha la pelle chiara ed è molto, molto grosso. Credo che si sia anche fatto affilare i denti.” Ramirez si voltò verso di lei e sorrise, ma sotto quell’espressione Avery percepì lo stesso panico e la scarica di adrenalina che stava iniziando a provare lei. Stavano per entrare nella fossa dei leoni. “Sarà interessante,” commentò lui.
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