Richiamai dalla mia camera alla locanda una sfera in cui registrai l’impronta spirituale della donna, così da poterla trovare. Era tutto quello che mi serviva, perciò chiusi l’incantesimo e tornai alla locanda. Augusta era in cucina a preparare la cena: una zuppa di farro e pomodoro sobbolliva su un fornello, delle patate cuocevano in forno. Presi una mela dal cesto della frutta e la lavai. “Cosa è successo?” mi chiese notando la mia espressione pensierosa. Mi appoggiai al tavolo addentando la mela. “Ho richiamato l’omicidio, non è stato un umano, era un essere fatato.” Man mano che le raccontavo i fatti, Augusta inorridiva. “Dobbiamo trovarla prima che uccida ancora,” disse. Annuii. Scoprire che era stato un essere fatato a fare quelle cose era un duro colpo per tutti. Soprattutto