Capitolo 1-2

2236 Words
Avevo lo sguardo vacuo, ma non potevo fare a meno di godermi quel ricordo, la sensazione di un cazzo enorme che mi riempiva e mi faceva un po’ male, di quelle mani enormi che mi facevano sentire piccola e bellissima… che mi facevano sentire… come lei. L’altra me, la me che non esisteva per davvero, era una fantasia della mia mente. Proprio come lui. “Signorina Wilson?” La custode inclinò la testa e mi studiò più attentamente, qualcosa di cui non avevo affatto bisogno adesso, non mentre il culo mi scivolava sulla sedia, bagnato dalla mia stessa eccitazione. “Sto bene.” Provai a sollevare le mani, a sistemare il camice da ospedale che si era alzato un po’ troppo al di sopra della coscia, ma le manette mi tenevano bloccata. Dannazione. “È sicura? Il processo di abbinamento può essere… intenso.” E, quindi, era così che li chiamavano quegli orgasmi pazzeschi? Diamine, sì, quello sì che era stato intenso. E me ne provochi degl’altri, grazie. Aveva un aspetto empatico, e mi venne voglia di dirle tutto. Diamine, volevo farle quell’unica domanda scottante che ero stata troppo spaventata per fare. Ma non riuscii a trovare il coraggio. Ero terrificata dalla risposta. Invece, mi incollai un sorriso sulle labbra. “Sì. Sto bene.” “Eccellente.” Sorrise e annuì, convinta dal mio tentativo accorato di sorridere e farle capire che non ero sotto shock, che non avrei avuto un crollo mentale. Era ovvio che lei non aveva mai servito ai tavoli durante una serata indaffarata, circondata da bambini che vomitano e idioti ubriachi. Potevo gestire un sacco di stress, molto più di questo. E lo stress degli orgasmi? Sì, beh quello non era nemmeno uno stress. Ma mi… sopraffaceva. Provai a rilassarmi, mi appoggiai contro la schiena e mi sforzai di concentrarmi contando i miei respiri. Quattro dentro, quattro fuori. Era così che io facevo le cose. La stanza era pallida e bianca, clinica, e mi sembrava di essere al pronto soccorso, e non al centro elaborazione spose. Ma quando stai per impegnarti per tutta la vita come sposa aliena, immagino che si vedano le cose in un modo leggermente differente. Le dita della custode Egara svolazzavano su un piccolo tablet, troppo veloci per tenerne traccia e, onestamente, non mi importava cosa stesse facendo, almeno finché questo stupido abbinamento avesse funzionato. E questo – lo capivo solo ora –proprio non potevo saperlo. “Ha funzionato? Sono stata abbinata?” Giuro che mi si fermò il cuore mentre aspettavo di sentire la risposta. “Oh, sì, ma certo che ha funzionato.” Tremai, emisi un forte respiro. La custode mi poggiò la mano sulla spalla con un gesto comprensivo. “Mi dispiace. Non avevo capito che lei fosse preoccupata. È stata abbinata ad Atlan.” Non sapevo niente di Atlan, ma ciò non mi impedì di sentirmi speranzosa. Ero stata abbinata. Porca miseria. “E questo abbinamento… è sicura che l’alieno mi vorrà come compagna? È sicura che gli abbinamenti funzionino?” “Assolutamente sì.” Mi strizzò la spalla e si riconcentrò sul tablet. “Anche per le ragazze come me?” Cazzo. La mia paura più recondita mi fuggì dalla bocca prima che potessi fermarla. Mi morsi le labbra e sperai che non uscisse nient’altro. La custode si immobilizzò. Sollevò gli occhi per guardarmi dritta in faccia. “Che cosa vuole dire, ragazze come lei? È sposata? Perché ha già dovuto rispondere a quella domanda, ed era sotto giuramento. Se ha mentito, non posso elaborare la richiesta.” Sposata? Seh, come no. Sospirai. Caaaavolo. Dovevo farle lo spelling? Col suo corpo taglia quarantadue e la sua terza di seno, molto probabilmente lei non si era mai preoccupata di essere desiderata. Studiai i suoi occhi grigi e preoccupati e decisi che sì, dovevo dirglielo chiaro e tondo. Dannazione. Feci un respiro profondo e raccolsi il coraggio, sputando le parole più velocemente che potevo. “Ragazze come me. Ragazze grosse.” La custode sollevò le sopracciglia, come sorpresa, il suo sguardo mi squadrò da capo a piedi, squadrò velocemente il mio corpo taglia forte prima di ritornare a guardarmi in viso. Il suo sorriso fu una delle cose migliori che avessi mai visto. “Non si preoccupi di essere troppo piccola per un Atlan, mia cara. Lo so, per un signore della guerra di Atlan lei sembrerà un po’ sottomisura, ma lei è la sua compagna. È stata abbinata a lui. Sarete perfetti l’uno per l’altra.” “Troppo piccola?” Mi stava prendendo per il culo? Era dalla quinta elementare che dovevo cercare abiti per taglie forti. “Le femmine Atlan sono di trenta centimetri più alte della media delle donne terrestri, e gli Atlan hanno bisogno di donne abbastanza forti, che siano in grado di domarli.” “Che cosa significa, ‘domarli’?” “Non sono esseri umani, Tiffani. I guerrieri Atlan hanno una bestia che vive dentro di loro. Quando sono in battaglia, o vogliono scopare, la bestia viene fuori. Pensi a un intero pianeta con tutti uomini come l’incredibile Hulk. Lei potrà anche essere un po’ troppo piccola per loro, ma la forza richiesta è mentale, oltre che fisica. Sarà perfetta per lui.” La mia mente ricorse alle mani enormi che mi avevano afferrato i polsi, al cazzo enorme che mi apriva, al petto massiccio premuto contro la mia schiena… Fremetti. Non vedevo l’ora. Sì, lo volevo di nuovo. Se gli uomini Atlan erano così, eccomi pronta. Tutta per voi. “Va bene, sono pronta.” La custode ridacchiò. “Non così veloce. Prima dobbiamo rispettare i protocolli standard. Per il verbale, per favore dica il suo nome.” “Tiffani Wilson.” Annuì. “È o è mai stata sposata?” “No.” “Ha figli?” “No.” La custode continuò a farmi domande e le sue dita si muovevano veloci, la sua voce era monotona e robotica, come se avesse recitato quelle esatte parole centinaia di volte. “In quanto sposa, lei non farà mai più ritorno sulla Terra. È stata abbinata ad Atlan, e il suo trasporto verrà determinato e controllato dalle leggi e i costumi del suo nuovo pianeta. Rinuncerà alla sua cittadinanza terrestre e diventerà una cittadina del suo nuovo mondo in modo ufficiale.” Porca miseria. Le sue parole mi colpirono come una ventata gelida, e finalmente recepii l’enormità della mia decisione. Non sarei più stata una cittadina della Terra? Com’era possibile? Un panico freddo e spirato mi risalì lungo la spina dorsale con dita gelate. Il muro alla mia sinistra si aprì rivelando una piccola nicchia illuminata da una luce blu fosforescente. “Uhm…” “Il suo compenso come sposa verrà donato alla Società Filantropica di Milwaukee, è corretto?” chiese la custode, come se non riuscisse a percepire la mia crescente preoccupazione. Smettere di essere una cittadina della Terra? Volevo un compagno, ma forse questo era troppo. “Signorina Wilson?” “Sì, sì…” Non avevo bisogno di soldi, dal momento che non sarei più stata una cittadina della Terra, e non avevo nessuna persona cara a cui donarli. Il mio calicò di quindici anni, Sofie, era morta di leucemia. I miei genitori erano morti tutti e due e i miei cugini vivevano in California, e non eravamo mai stati uniti. Ero solo al mondo, non avevo niente da perdere. La mia sedia scivolò di lato e un grosso braccio metallico mi si fece incontro: aveva con un ago gigante a un’estremità. Mi spostai di lato provando a evitarlo. “Non ti preoccupare, Tiffani. Serve solo per installarti la tua UNP.” “E che diavolo è?” Guardai l’ago con un forte senso di trepidazione. “Unità neuro procedurale. Ti aiuterà ad apprendere e a capire la lingua di Atlan.” Ok. Rimasi immobile e strinsi le mani così forte che le nocche mi si fecero bianche. Quindi, una specie di traduttore universale alla Star Trek? Vabbè. L’ago mi entrò nella pelle, proprio al di sotto della tempia, e io mi morsi il labbro provando a ignorare il dolore. Il congegno si ritirò lentamente, ruotò a sinistra, e ripeté il procedimento sull’altro lato. Quando ritornò a posto, annidato dentro al muro, la mia sedia si inclinò e cominciai ad affondare in una vasca piena di calda acqua blu. “L’elaborazione comincerà tra tre… due…” Chiusi gli occhi. L’adrenalina mi faceva andare il cuore a mille mentre aspettavo che la custode dicesse “uno”. Aspettai. E aspettai. Sospirò. “Oh, no, non di nuovo.” La sedia si bloccò. Aprii gli occhi e vidi che la custode era accigliata. Corse verso un pannello sul muro della stanza per gli esami. Spalancai gli occhi, terrorizzata e confusa. “Che c’è che non va?” Mi guardò velocemente e poi interruppe il contatto visivo. “C’è un problema al centro di trasporto su Atlan. Mi dispiace. È successo solo un’altra volta.” Ottimo. Non mi volevano. Lo sapevo, me lo sentivo. Il cuore mi implose dentro al petto, tutta la speranza a cui avevo dato carta bianca, la speranza di trovare finalmente un uomo che mi volesse per davvero, che mi vedesse bella e sexy e desiderabile… era svanita, e quel che rimaneva erano delle lame affilata conficcate nelle budella, il tutto peggiorato dal mio desiderio di avere qualcosa di diverso. “Va bene. Fammi uscire da questa sedia così posso ritornamene a casa.” La custode scosse la testa ignorandomi mentre parlava con qualcuno sullo schermo che non potevo vedere. Sentivo solo la voce attraverso gli altoparlanti. Era la voce di una donna, ma non riuscivo a capire cosa stesse dicendo. “Che cosa succede, Sarah?” La custode fece una pausa, restò in ascolto. “Cosa? Ma è impossibile.” Un’altra pausa. “Capisco. Quindi, cosa volete che io faccia?” Sentii che la sua voce si faceva sempre più agitata. “No, ha una compagna, ed è umana. È legata alla sedia proprio in questo momento, pronta per essere trasportata.” Un lungo ritardo. “Non posso. I permessi per il trasporto sono stati disattivati in modo automatico. Me ne servono di nuovi.” Sospirò. “Ok. Dammi cinque minuti.” La custode salutò e venne verso di me con un profondo cipiglio in volto. Aveva le spalle strette, i suoi passi erano corti, come se i muscoli fossero talmente tesi da renderle difficile il movimento. “Che succede? Mi dica che cosa sta succedendo.” Lottai contro le manette, ma la custode sollevò una mano per farmi calmare. “Il suo compagno, il comandante Deek, è stato investito dalla febbre d’accoppiamento.” Non mi aspettavo di certo questo. Pensavo mi avrebbe detto che il mio compagno aveva cambiato idea. Febbre d’accoppiamento? “Che cosa significa?” La custode sospirò. “I guerrieri Atlan sono davvero grandi; sono i guerrieri più grossi e più forti dell’intera flotta della Coalizione.” Le sue parole mi fecero contrarre la figa. Oh, sì, diamine, lo sapevo; eccome se erano grossi. “E quindi?” “Quindi, come le ho già spiegato, possiedono anche l’abilità di entrare in quella che loro chiamano ‘modalità bestiale’. Diventano ancora più grossi e forti, e questo può accadere mentre combattono, o mentre…” “Scopano?” Il ringhio che rimbombava in profondità durante il sogno, quella conversazione a monosillabi, ora tutto cominciava ad avere un senso. Modalità bestiale. Diamine, quello sì che era eccitante. “Quindi? Sono come Hulk quando si arrabbia. Ho capito. Me lo ha già detto. Qual è il problema?” “Se aspettano troppo a lungo prima di rivendicare una compagna, perdono il controllo del loro lato bestiale. Si trasformano e sono del tutto incapaci di trattenersi. In alcuni casi uccidono amici e alleati, uomini con i quali hanno combattuto fianco a fianco per anni. Al punto che nessuno può salvarli. Riconoscono e rispondono a un’unica persona nell’intero universo.” Aspettai. Riuscivo a malapena a respirare. “La loro compagna.” Mi rilassai, scaricai tutta la tensione che avevo nelle spalle. “Va bene. Ottimo. Mi mandi a conoscerlo. È questo quello che dicono le procedure, giusto? Se riconosce solo la loro compagna, lui riconoscerà me e terrà a bada la sua bestia.” Scosse la testa. “Non è così semplice. Gli Atlan sono collegati alle loro compagne attraverso delle speciali manette chirurgiche.” Mi ricordai delle bellissime manette dorate attorno ai miei polsi, delle strane decorazioni. “Quindi, se lo voglio aiutare ho bisogno di un paio di manette?” “Deve già essere legata a lui, deve già essere la sua compagna se vuole controllare la bestia. Ma temo che ormai lui sia perduto.” “Perduto? Non posso ritrovarlo?” “No, voglio dire che la bestia ha preso il sopravvento. Mi dispiace, Tiffani, ma non è più possibile salvarlo.” Non era possibile? Non era possibile salvare l’unico uomo in tutto l’universo che era perfetto per me, che mi voleva e mi amava e mi accettava? “E allora cosa gli accadrà?” Infine, incrociai il suo sguardo, e avrei tanto voluto evitare di farlo. Negli occhi riuscivo a scorgere solo un pozzo profondo e tenebroso, pieno di dolore e pietà. “Il mio contatto su Atlan, una sposa che ho inviato un po’ di tempo fa, dice che è in attesa di essere giustiziato.”
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