3.

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3.- Mio nipote! - esclamò Lady Lydiard in un tono che esprimeva sbalordimento, ma non certo piacere. - Quanti anni sono passati da quando ci siamo visti l’ultima volta? - chiese nel suo brusco modo diretto quando il signor Felix Sweetsir comparve sulla soglia. Il visitatore non era facile da scoraggiare. Prese la mano di Lady Lydiard e la baciò con galanteria. Nel suo sguardo c’era un’ombra d’ironia, mitigata da un bagliore di tenerezza. - Anni, mia cara zia? - disse. - Guardati bene e vedrai che il tempo si è fermato dall’ultima volta che ci siamo incontrati. Che magnifico vestito! Quando potremo celebrare la comparsa della tua prima ruga? Io sono troppo vecchio; non vivrò abbastanza per vederla. Prese una poltrona e, senza essere invitato, si sedette accanto alla zia, posando uno sguardo di ironica ammirazione sullo sgargiante vestito di lei. - Che perfezione! - disse con aria insolente. - Che magnifica scelta di colori! - Cosa vuoi? - chiese Sua Signoria per nulla toccata dal complimento. - Voglio porgere i miei rispetti alla mia cara zia - rispose Felix, del tutto incurante della brusca interruzione e perfettamente a suo agio nell’ampia poltrona. Di certo non è necessario descrivere con la penna e l’inchiostro il signor Felix Sweetsir perché era un classico personaggio dell’alta società. Un tipo piccolo e magro, con occhi brillanti e sempre vigili e lunghi capelli grigi che gli cadevano sulle spalle in boccoli; l’andatura disinvolta e i modi cordiali, l’età incerta, le amicizie e la popolarità, non sono caratteristiche che rendono una persona bene accetta ovunque? Riceve in grande stile, ripaga con generosità, è ammirato da tutto il mondo! Tutti gli uomini che conosce sono “tipi simpatici”; tutte le donne sono “graziosissime”. Che banchetti organizza ogni estate sulle rive del Tamigi! Che bel gruzzoletto guadagna sui tavoli da gioco! Che inestimabile attore è nelle rappresentazioni private (matrimoni compresi)! Non avete mai letto il romanzo di Sweetsir, scritto durante le cure termali in Germania? Allora non sapete che opera brillante sia! Non ha mai scritto un altro romanzo; fa tutto, ma lo fa una volta sola. Aveva composto una canzone, disperazione dei compositori professionisti. Aveva dipinto un solo quadro, solo per dimostrare come un gentiluomo possa intraprendere un’arte e poi lasciarla perdere subito dopo. Un uomo davvero poliedrico, con tutte le virtù e le esteriorità a portata di mano. Se queste povere pagine non hanno raggiunto altri scopi, hanno almeno il merito di aver presentato Sweetsir ai lettori che non frequentano l’alta società. Grazie a lui il racconto si è vivacizzato; lo scrittore e il lettore (che brilla di luce riflessa) ora si comprendono meglio, grazie a Sweetsir. - Bene - disse Lady Lydiard - ora che sei qui, cosa mi racconti di te? Sei stato all’estero, di certo. Dove? - Soprattutto a Parigi, mia cara zia. L’unico posto in cui si possa vivere, per la semplice ragione che i francesi sono le uniche persone che sanno godere il meglio della vita. Ma si hanno parenti e amici in Inghilterra e così ogni tanto bisogna tornare a Londra… - Quando si sono spesi tutti i soldi a Parigi - lo interruppe Lady Lydiard. - Era questo che volevi dire, vero? Felix sopportò l’interruzione con il suo solito buon umore. - Che donna brillante sei! - esclamò. - Che cosa non darei per avere il tuo spirito! Sì, come hai detto tu, si spendono molti soldi a Parigi. I club, i cambi in borsa, le corse dei cavalli: si cerca la fortuna qua, là e dovunque. Si perde e si vince, si vince e si perde, ma non c’è un solo giorno vuoto da ricordare. - Si interruppe e, mentre il suo sorriso svaniva, guardò Lady Lydiard con aria interrogativa. - Che meravigliosa esistenza dev’essere la tua - disse. - L’eterna domanda che assilla i tuoi simili: “dove prenderò i soldi?” non ha mai sfiorato le tue labbra. Che donna invidiabile! - Si interruppe di nuovo, questa volta sorpreso e confuso. - Cosa c’è, mia cara zia? Sembri in imbarazzo. - Sono in imbarazzo per la tua conversazione - rispose Sua Signoria con voce tagliente. - Il denaro è un argomento doloroso per me in questo momento - proseguì continuando a osservare il nipote per vedere l’effetto della sue parole. - Ho appena compilato un assegno di cinquecento sterline, questa mattina. E, solo una settimana fa, ho ceduto alla tentazione e ho aggiunto un altro pezzo alla mia collezione. - Parlando, guardava verso un’arcata all’altra estremità della stanza, chiusa da una tenda di velluto viola. - Tremo al pensiero di quello che dovrò pagare prima di poter chiamare mio quel dipinto. È un paesaggio di Hobbema. La galleria nazionale è la mia concorrente. Ma non importa - concluse consolandosi, come al solito, con affermazioni non degne di lei. - Quando morirò, Hobbema sarà venduto per un prezzo molto più alto di quello che ho pagato io… è un conforto! - Guardò di nuovo Felix; un sorriso di soddisfazione le si dipinse sul volto. - Qualcosa non va con la catena del tuo orologio? Felix, che stava giocherellando distrattamente con la catena dell’orologio, sobbalzò come se sua zia lo avesse svegliato all’improvviso. Mentre Lady Lydiard parlava la vivacità del nipote si era affievolita poco a poco; era diventato così serio e vecchio che anche il suo amico più intimo non lo avrebbe riconosciuto. Destato all’improvviso dalla domanda che gli era stata posta sembrò cercare in fretta una scusa per giustificare il suo silenzio. - Mi stavo chiedendo - cominciò - come mai mi sembra che manchi qualcosa in questa bella sala; qualcosa di familiare, che mi sarei aspettato di trovare. - Tommie? - suggerì Lady Lydiard continuando a guardare il nipote con aria maliziosa. - È vero - esclamò il nipote, afferrando al volo il suggerimento. - Come mai non sento Tommie uggiolare dietro di me? Come mai i suoi denti non affondano nei miei pantaloni? Il sorriso svanì dal volto di Lady Lydiard. Il tono assunto dal nipote nel parlare del suo cane era molto irrispettoso. Gli mostrò chiaramente la sua disapprovazione. Ma Felix proseguì, incurante del silenzioso rimprovero. - Caro piccolo Tommie! Così deliziosamente grasso; e che carattere infernale! Non so mai se amarlo oppure odiarlo. Dov’è? - È malato - rispose Sua Signoria con una gravità che meravigliò lo stesso Felix. - Volevo parlarti di Tommie. Tu conosci tutti. Non conosci un buon dottore per cani? La persona che ho assunto tempo fa non mi soddisfa più. - Un professionista? - chiese Felix. - Sì. - Sono tutti impostori, mia cara zia. Peggio sta il cane, più salato diventa il conto, non lo sai? Ma io ho l’uomo che fa per te, un vero gentiluomo. Sa più lui sui cavalli e sui cani di tutti i veterinari messi insieme. Ci siamo conosciuti ieri sul battello che attraversava la Manica. Lo conosci di fama, sicuramente. È il figlio più giovane di Lord Rotherfield, Alfred Hardyman. - Il proprietario dell’allevamento? L’uomo che alleva quella famosa razza di cavalli? - gridò Lady Lydiard. - Mio caro Felix, come posso pretendere che un personaggio così importante si prenda cura del mio cane? Felix scoppiò a ridere. - La modestia non ha mai trovato sede migliore - esclamò. - Hardyman muore dal desiderio di esserti presentato. Come tutti, ha sentito parlare delle meravigliose decorazioni della tua casa e desidera molto vederle. Abita qui vicino, a Pall Mall. Se è a casa, lo avremo qui tra cinque minuti. Forse è meglio che io prima veda il cane. Lady Lydiard scosse la testa. - Isabel dice che è meglio non disturbarlo - rispose. - Isabel lo capisce meglio di chiunque altro. Felix alzò le vivaci sopracciglia con un’espressione di sorpresa e di curiosità. - Chi è Isabel? Lady Lydiard si morse le labbra per aver pronunciato il nome di Isabel in presenza del nipote. Felix non era la persona adatta a cui fare confidenze sull’andamento della casa. - Isabel si è aggiunta al mio personale dopo l’ultima volta che ci siamo visti. - È giovane e carina? - chiese Felix. - Ah! Sei seria e non mi rispondi. Allora è giovane e carina. Cosa mi conviene vedere prima, la novità della tua collezione o quella del tuo personale? Guardi verso la galleria dei quadri: mi hai risposto di nuovo senza parlare. - Si alzò per andare verso l’arco e poi si arrestò. - Una bella ragazza è una terribile responsabilità, zia - disse con aria di finta solennità. - Sai, non mi meraviglierei se questa Isabel, alla fine, ti venisse a costare più del tuo Hobbema. Chi c’è alla porta? La persona alla porta era Robert Moody, di ritorno dalla banca. Il signor Felix Sweetsir, che non ci vedeva molto bene, dovette mettersi gli occhiali prima di riconoscere il “primo ministro” della casa di Lady Lydiard. - Ah, il nostro esimio Moody! Che magnifico vestito! E non un capello grigio… guardate me! Cosa usate. Moody? Se si fidasse di me, me lo direbbe. Ma invece no, non parla, tiene a freno la lingua. Ah! se avessi tenuto a freno la mia lingua quando ero nel servizio diplomatico, che posizione occuperei ora! Ma non voglio interrompervi, Moody, se avete qualcosa da dire a Lady Lydiard. Avendo salutato l’esuberante signor Sweetsir con un inchino formale, Moody gli lanciò un’occhiata di disapprovazione per quella forma di umorismo e si voltò verso Lady Lydiard. - Avete preso i soldi? - chiese lei. Moody li appoggiò sul tavolo. - Sono d’intralcio? - chiese Felix. - No - rispose sua zia. - Devo scrivere una lettera, ma non ci vorranno che pochi minuti. Puoi stare qui o andare a vedere il dipinto, come preferisci. Felix fece un altro tentativo di entrare nella galleria. A pochi metri dall’entrata si fermò di nuovo, attirato da un mobiletto aperto, di artigianato italiano, pieno di rare ceramiche. Essendo un amatore, il signor Felix Sweetsir si fermò per tributare le dovute lodi alle ceramiche. - Bellissime, bellissime! - disse tra sé e sé, piegando leggermente la testa. Lady Lydiard e Moody lo lasciarono ad ammirare le ceramiche e proseguirono con i loro affari. - Dobbiamo prendere nota dei numeri di serie, in caso accadesse qualche imprevisto? - chiese Sua Signoria. Moody prese un foglio dalla tasca. - L’ho già fatto in banca. - Molto bene. Tenetelo voi. Mentre io scrivo la lettera, voi preparate la busta; come si chiama il parroco? Moody menzionò il nome e preparò la busta. Felix si voltò a guardare sua zia e Moody impegnati a scrivere e tornò alla scrivania, come se avesse avuto un’idea. - C’è un’altra penna? - chiese. - Perché non scrivere una riga a Hardyman, zia? Prima sapremo la sua opinione su Tommie meglio sarà, non credi? Lady Lydiard gli indicò il portapenne e sorrise. Mostrare considerazione per il cane era il modo migliore per accattivarsi il suo favore. Felix cominciò a scrivere la lettera con una calligrafia ampia, che richiedeva molto inchiostro. - Sembriamo impiegati in un ufficio - disse allegro. - Tutti con il naso sulla carta, che scriviamo come se fosse questione di vita o di morte. Ecco qui. Moody, fate mandare uno dei camerieri a consegnare la busta al signor Hardyman. Il messaggero fu subito inviato. Quando Robert tornò, rimase accanto a Lady Lydiard con la busta in mano. Felix si avviò di nuovo verso la galleria. In quel momento Lady Lydiard finì la lettera, infilò i soldi e la passò a Moody. Appena infilato il tutto nella busta si sentì un grido provenire dalla stanza dove Isabel stava accudendo il cane malato e tutti sobbalzarono. - Signora, signora- gridò la ragazza sconvolta. -Tommie ha avuto un colpo! Tommie sta morendo! Lady Lydiard lasciò cadere sulla scrivania la busta ancora aperta e corse… sì, piccola e grassa com’era, corse… nella stanza. I due uomini, rimasti soli, si guardarono. - Moody - disse Felix in tono pigro e cinico - credete che se voi o io avessimo un collasso Lady Lydiard correrebbe così? Bah! Queste cose fanno vacillare la fiducia nella natura umana. Non mi sento per niente bene. Quella dannata traversata della Manica… mi sento male al solo pensiero. Portatemi qualcosa, Moody. - Cosa posso farvi mandare, signore? - chiese Moody con freddezza. - Del Curaçao secco e un biscotto. Fatemeli portare nella galleria dei quadri. Dannato cane! Me ne andrò a vedere l’Hobbema. Questa volta riuscì a raggiungere l’arco e sparì dietro le tende di velluto.
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