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1.L’anziana Lady Lydiard era seduta accanto al fuoco, pensierosa, con tre lettere in grembo. Il tempo aveva scolorito la carta e l’inchiostro era diventato giallognolo. Le lettere erano indirizzate tutte alla stessa persona, “L’ONOREVOLE LORD LYDIARD” ed erano firmate dalla stessa persona, “il vostro affezionato cugino, il signor Tollmidge”. A giudicare dalle tre epistole, il signor Tollmidge possedeva un grande dono, quello della brevità. Era un uomo che non avrebbe annoiato i suoi ascoltatori, se ne avesse avuti. Lasciamolo quindi parlare per sé nel suo modo pomposo. Prima lettera: Come richiesto da Vostra Signoria, sarò breve e andrò dritto al punto. Me la cavavo molto bene in campagna come ritrattista e avevo anche una moglie e dei figli a cui pensare. In queste circostanze, se fosse dipeso da me, avrei di certo aspettato di avere dei soldi da parte prima di affrontare la notevole spesa di acquistare una casa e uno studio nella zona occidentale di Londra. Vostra Signoria, lo dichiaro apertamente, mi ha incoraggiato a compiere questo passo senza aspettare. Ora sono qui, sconosciuto e senza lavoro, un artista disperato, perso nella grande Londra, con una moglie malata, dei bambini che hanno fame e sull’orlo della bancarotta. Su quali spalle grava la responsabilità di questa situazione? Su quelle di Vostra Signoria! Seconda lettera: Con una settimana di ritardo, signore, mi avete degnato di una risposta seppur concisa. Io sarò altrettanto conciso. Nego con indignazione che mai mia moglie o io abbiamo usato il nome di Vostra Signoria per ottenere delle raccomandazioni senza chiedere il vostro permesso. Siamo stati calunniati da un nemico. Io pretendo, com’è mio diritto, di conoscere il nome di questo nostro nemico. Terza (e ultima) lettera: È trascorsa un’altra settimana senza che Vostra Signoria si sia degnata di rispondermi. Ma non importa. In questo tempo ho fatto delle domande e alla fine ho scoperto l’influenza ostile che vi ha fatto allontanare da me. Sembra che io sia stato tanto sfortunato da aver offeso Lady Lydiard (come, non riesco a immaginarlo); la potente influenza della nobile dama è ora usata contro il coraggioso artista che è legato a voi dai sacri vincoli della parentela. E sia. Io posso farcela da solo, come altri hanno fatto prima di me. Verrà forse un giorno in cui, tra le tante carrozze che aspettano davanti alla porta del pittore più famoso della città, ci sarà anche quella della vostra nobile signora che vorrà porgermi le sue tardive scuse. Ci risentiremo, Lord Lydiard, quel giorno! Dopo aver letto per la seconda volta le straordinarie affermazioni che il signor Tollmidge aveva fatto sul suo conto. Lady Lydiard si interruppe bruscamente. Si alzò, fece per strappare le lettere, esitò e infine le rimise nel cassetto dove le aveva trovate tra le altre carte che non erano mai state sistemate dopo la morte di Lord Lydiard. “Che idiota!” pensò Sua Signoria riferendosi al signor Tollmidge. “Non ho mai sentito parlare di lui quando era vivo mio marito; non sapevo che avesse una parentela con Lord Lydiard; l’ho scoperto con queste lettere. Cosa devo fare ora?” Mentre si poneva questa domanda lanciò un’occhiata al giornale che annunciava “la morte dell’artista Tollmidge, imparentato con il defunto noto intenditore, Lord Lydiard”. Nell’articolo il giornalista deplorava le condizioni disperate in cui versavano la signora Tollmidge e i suoi figli “lasciati senza una speranza alla mercé del mondo”. Lady Lydiard rimase in piedi accanto al tavolo, ben sapendo dove quelle frasi volessero andare a parare: al suo libretto degli assegni. Si voltò verso il camino per suonare il campanello. “Non posso fare niente” pensò “fino a quando non sarò certa che la situazione della signora Tollmidge e della sua famiglia è davvero questa. È tornato Moody?” chiese quando il cameriere si affacciò alla porta. “Moody”, che poi era l’uomo di fiducia di Sua Signoria, non era ancora tornato. Lady Lydiard smise di pensare alla vedova di Tollmidge per dedicarsi a un problema domestico che la preoccupava di più. Il suo cagnolino si lamentava da diverso tempo e quella mattina non l’aveva ancora visto. Aprì la porta di fianco al camino, che conduceva, attraverso un piccolo corridoio nel quale facevano bella mostra delle stampe antiche, alla sua camera da letto. - Isabel! - chiamò - come sta Tommie? Una giovane voce le rispose da dietro le tende che chiudevano il corridoio. - Non migliora, signora. Un abbaiare fece seguito alla voce e disse (in linguaggio canino): - Sto sempre peggio, signora… molto peggio. Lady Lydiard chiuse la porta con un sospiro di preoccupazione per Tommie e si mise a passeggiare su e giù in salotto, aspettando che tornasse Moody. La vedova di Lord Lydiard era bassa e grassa e pericolosamente vicina al sessantesimo compleanno. Ma bisogna dire, e non per fare un complimento, che dimostrava almeno dieci anni in meno. La sua carnagione era di quel rosa delicato che spesso hanno le donne anziane in salute. I suoi occhi, anch’essi sani, erano di quel blu profondo che non si spegneva mai, nemmeno quando piangeva. Con il suo nasino, le guance grassottelle che sfidavano le rughe e i capelli bianchi raccolti in boccoli, a sessant’anni Lady Lydiard era l’immagine vivente di una bambola invecchiata che prendeva la vita con allegria, scherzando sulla sua futura discesa alla più elegante delle tombe, che sorgeva in un cimitero dove le rose crescevano tutto l’anno. Dopo aver citato i meriti di Lady Lydiard, per essere imparziale, la storia deve citarne anche i difetti; questi consistevano in una totale mancanza di gusto e di raffinatezza nel vestire. Dopo la morte di Lord Lydiard lei si era sentita più libera di vestire come preferiva. Fasciava la sua figura bassa e grassa con dei colori troppo brillanti per una donna della sua età. I suoi abiti, dai colori orribili, non erano forse disegnati male, ma di certo indossati in modo pessimo. Bisogna dire che il suo aspetto esteriore, sia fisico che morale, era dei peggiori. Le anomalie del suo abbigliamento concordavano con le anomalie della sua personalità. Qualche volta si comportava e parlava come si conviene a una signora del suo rango, mentre in altri momenti sembrava la più volgare delle sguattere. Ma sotto queste apparenti stranezze si celavano un cuore e una natura sinceri e generosi, che aspettavano solo l’occasione per affermarsi. Nelle frivolezze si rendeva a volte ridicola, ma quando in un’emergenza dimostrava il suo vero carattere, allora la gente che più rideva di lei era quella che poi rimaneva allibita di fronte al suo cambiamento e si chiedeva che fine avesse fatto la solita Lady Lydiard. Aveva appena finito di passeggiare su e giù quando un uomo vestito di nero comparve silenzioso alla porta che dava sulle scale. Lady Lydiard gli fece un segno per dirgli di entrare. - Vi aspetto da molto tempo, Moody - disse. - Sembrate stanco. Prendete una sedia. L’uomo vestito di nero obbedì con fare rispettoso e si sedette.
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