IL PARADISO DEI LADRI -2

2010
Eppure per quanto andassero in alto per quei luoghi solitari, dappertutto si vedevano boccioli in fiore come fosse un roseto. I prati erano bruniti dal sole e dal vento coi colori del tordo marino, del pappagallo e del colibrì; variopinti da centinaia di fiorellini sbocciati. Non vi sono prati più incantevoli, nè terreni boschivi di un verde più tenero di quelli inglesi; nè creste o fenditure più imponenti di quelle di Snowdon e Glencoe. Ma Ethel Harrogate non aveva mai veduto prima i parchi del mezzogiorno sospesi sui picchi frastagliati del Nord; la gola di Glencoe carica dei frutti del Kent. Non vi era là nulla di quel gelo e di quella desolazione che in Inghilterra va sempre associata cogli austeri e selvaggi panorami delle altitudini. Era piuttosto come un palazzo di mosaico rovinato da un terremoto, o come un giardino olandese di tulipani che la dinamite ha fatto saltare fino alle stelle. — Somiglia ai giardini di Kew sulla spiaggia di Head – disse Ethel. — È il nostro segreto – egli rispose – il segreto del Vulcano, è anche il segreto della rivoluzione, che una cosa possa essere violenta ed insieme fruttifera. — Voi stesso siete piuttosto violento – essa disse sorridendogli. — Eppure infruttuoso – egli riconobbe. – Se io morissi questa notte morrei solo ed inutile come uno stupido. — Non è mia colpa se siete venuto – essa disse dopo un silenzio piuttosto penoso. — Non è mai vostra colpa, – rispose Muscari; – non fu vostra colpa se Troia cadde. Mentre parlavano giunsero sotto un dirupo incombente, che si protendeva a guisa di ali su di un'estremità pericolosa. Offesi dalla grande ombra sullo stretto sentiero, i cavalli si imbizzarrirono dubbiosi. Il cocchiere saltò a terra per tener loro ferma la testa, ma essi divennero indomabili. Un cavallo si rizzò in tutta la sua altezza, la titanica e terrificante altezza di un cavallo quando diviene bipede. Fu abbastanza per alterare l'equilibrio. Il carrozzone sobbalzò e si rovesciò come una nave in tempesta e andò a fracassarsi fra i cespugli del dirupo. Muscari con un braccio prese Ethel per la vita, e questa si avvinghiò a lui gridando disperatamente. Ma era per momenti simili che egli aveva desiderato di vivere. Mentre nella vertigine della caduta, il poeta vedeva l'imponente masso di montagna girar nella sua testa come un molino a vento color porpora, accadde una cosa che a prima vista potè sembrare anche più stupefacente. Il vecchio, letargico banchiere, balzò dritto nella carrozza e spiccò un salto al disopra del precipizio, prima che il veicolo, ribaltando, ve lo gettasse. A prima vista questa mossa parve come un suicidio, ma in verità era stata molto accorta e l'aveva portato a salvamento. L'uomo del Yorkshire aveva dato prova di prontezza di spirito e sagacità più di quanto Muscari ne lo avesse giudicato capace. Poichè egli andò a cadere in una zolla erbosa coperta di trifoglio che sembrava messa là apposta per riceverlo. Accadde invero che tutta la compagnia fu ugualmente fortunata, benchè meno dignitosa nel modo con cui fu proiettata, poichè sotto quel brusco svolto di strada c'era un piccolo avvallamento tutto erboso e fiorito a guisa di praticello; una specie di tasca verdeggiante nel lungo strascico della collina verde. In quello stesso punto si trovarono tutti rovesciati con un capitombolo e con poco danno, eccetto per i loro piccoli bagagli e il contenuto delle loro tasche, che si sparse dappertutto sull'erba intorno. La carrozza danneggiata sospesa in alto, affondata nel ciglio della strada, e i cavalli invischiati nel terreno molle giù per la china. Il primo a sedersi fu il piccolo prete che si grattava la testa con un'e-spressione piena di folle stupore. Frank Harrogate lo sentì dire a sè stesso: «Perchè mai siamo andati a cadere proprio in questo punto?» Girò lo sguardo inquieto intorno a sè e raccolse il suo rozzo ombrello. Poco più in là vide il cappello a larghe falde caduto dalla testa di Muscari e vicino ad esso una lettera di affari sigillata che, dopo dato uno sguardo all'indirizzo consegnò al vecchio Harrogate. Dall'altra parte, mezzo nascosto dall'erba giaceva il parasole di Miss Ethel, e al di là di questo una curiosa bottiglina alta appena due o tre centimetri. Il prete la raccolse e rapidamente, senza farsi scorgere, l'aprì, l'odorò, e la sua faccia prese il color terreo della creta. — Santi del cielo aiutateci! – mormorò. – Questa non può appartenerle certo. O che il dolore si sia già abbattuto su di lei? – E intanto fece scivolare la bottiglina nella tasca del suo panciotto. – È meglio così – disse – finchè non vedo più chiaro in questo affare. Gettò uno sguardo di compassione verso la fanciulla che in quel mo-mento si sollevava di mezzo ai fiori aiutata da Muscari, che intanto le diceva: — Siamo caduti in cielo; questo è buon segno. I mortali salgono e cadono giù; ma soltanto gli dei e le dee possono cadere verso l'alto. Infatti essa sorse da quel mare di colori come una visione di tale bellezza e felicità, che i sospetti del prete ne furono scossi e fugati. «Dopo tutto», pensò, «il veleno non appartiene forse a lei; sarà uno dei trucchi melodrammatici di Muscari». Questi intanto aiutata gentilmente la giovine donna ad alzarsi in piedi, le fece un esagerato inchino teatrale, e poi sfoderando la sua scimitarra picchiò con forza sui lombi dei cavalli che si rizzarono sulle gambe e rimasero così nell'erba tutti tremanti. Dopo ch'egli ebbe fatto questo, accadde una cosa molto rimarchevole. Un uomo dall'aspetto molto tranquillo, poveramente vestito e col viso abbronzato dal sole, venne fuori dai cespugli e diede di piglio alla testa dei cavalli. Aveva un coltello di forma strana, molto largo e ricurvo attaccato alla cintura; non c'era null'altro di notevole in lui, eccetto il suo subitaneo e silenzioso apparire. Il poeta gli domandò chi fosse, ma egli non rispose. Guardando intorno a sè ed osservando nel piccolo concavo di terra i suoi compagni confusi e smarriti, Muscari scorse un altro uomo pure abbronzato ed in cenci che li guardava dalla rocca sporgente sotto di loro, appoggiando il gomito all'orlo della pietra. Si volse poi a guardare dalla parte della strada da dove erano caduti, e vide la bocca di quattro altre carabine, e quattro altre faccie brune, con occhi lucenti ma immobili. — I briganti! – gridò Muscari con una specie di mostruosa gaiezza. – Questa è un'imboscata. Ezza, mi farete un gran piacere di fucilare il cocchiere per primo, potremo allora trovare ancora una via d'uscita. Vi sono soltanto sei di questi uomini. — Il cocchiere, – disse Ezza che stava in piedi con occhio torvo, le mani in tasca – è al servizio del signor Harrogate. — Una ragione di più per fucilarlo – esclamò il poeta con impazienza – egli è stato pagato per rovinare il suo padrone. Poi, mettiamo la signora in mezzo a noi, e sbaraglieremo quella fila di uomini con un assalto. – E ingolfandosi fra quell'erba e quei fiori selvatici, avanzò senza timore verso le quattro carabine; ma vedendo che nessuno lo seguiva eccetto il giovane Harrogate, si voltò brandendo la scimitarra per far cenno agli altri di muoversi. Mirò il corriere ancora fermo con noncuranza, colle gambe allargate, sempre colle mani in tasca, nel mezzo del cerchio erboso; e la sua testa d'italiano, ironica e un po' curva, pareva divenir sempre più allungata nella luce della sera. — Voi pensate, Muscari, che io abbia avuto completo insuccesso fra i miei condiscepoli, e che voi invece siate riuscito con onore. Ebbene, io ho avuto maggior successo di voi e rappresento nella storia una parte più importante. Io ho compiuto delle epiche gesta, mentre voi le avete soltanto scritte. — Venite, tuonò Muscari dall'alto, venite, vi dico. Volete star lì a parlare delle vostre stupidaggini, davanti a una donna che bisogna salvare, e con tre uomini forti pronti ad aiutarvi? Che nome potete voi darvi? — Io mi chiamo Montano – gridò lo strano corriere con una voce forte e piena. – Io sono il Re dei ladri, e v'invito a venir tutti alla mia dimora estiva. E mentre parlava altri cinque uomini silenziosi con le armi pronte sbucarono dai cespugli fissando gli occhi verso di lui per ricevere gli ordini. Uno di essi teneva in mano un grande foglio scritto. — Questo grazioso piccolo nido dove siamo tutti riuniti – continuò il corriere-brigante collo stesso facile sorriso, – costituisce, insieme con le caverne sottostanti, ciò che è conosciuto sotto il nome di Paradiso dei Ladri. È la mia principale fortezza in queste colline, poichè (come avrete certo notato), il covo è nascosto e non si può scorgere nè dalla strada nè dalla valle di sotto. È qualche cosa non solo di inespugnabile, ma di invisibile. Qui io passo la maggior parte della mia vita, e qui certamente io morrò se i gendarmi arriveranno a scoprirmi. Io non appartengo a quel genere di criminali che tengono in serbo la loro difesa, ma a quelli molto superiori che hanno pronta l'ultima cartuccia. Tutti lo guardarono fissamente, immobili e come fulminati, eccetto Padre Brown che trasse un profondo sospiro di sollievo, e accennando alla piccola fiala che aveva in tasca «Dio sia ringraziato» mormorò, «questo è più probabile. Il veleno appartiene certamente a questo capo brigante. Egli lo porta sempre con sè per non farsi mai catturare, come Catone». Il Re dei Ladri continuava intanto la sua arringa colla stessa pericolosa cortesia. — Ora non mi resta che spiegare ai miei ospiti le condizioni nelle quali avrà il piacere di albergarli – egli disse. – Non ho bisogno di esporre lo strano vecchio rito di riscatto che è incombente per me di osservare; e questo è da applicarsi soltanto a una parte della compagnia. Il Reverendo Padre Brown e il celebrato signor Muscari saranno liberi domani all'aurora e accompagnati ai miei confini. Poeti e preti (scusate il mio semplice parlare) non hanno mai denaro. Perciò, giacchè non mi è possibile ricavar nulla da loro, cogliamo l'occasione per mostrare la nostra ammirazione per i classici e il nostro rispetto per la Santa Chiesa. Si arrestò un momento con un sorriso spiacevole, e Padre Brown lo sogguardò ripetutamente, mentre lo ascoltava con viva attenzione. Il brigante capitano prese il largo foglio dalle mani dell'assistente brigante, e scorrendolo collo sguardo continuò: — Le mie intenzioni sono chiaramente espresse in questo pubblico documento, che darò a leggere a tutti fra un momento, e che poi sarà affisso ad un albero, in ogni villaggio della vallata, e ad ogni crocevia della collina. Non voglio annoiarvi con tante parole, visto che potrete da voi verificare il documento. Il nocciolo del mio proclama è questo. Io annuncio prima di tutto di aver catturato il milionario inglese, il colosso della finanza, signor Samuele Harrogate. Secondo, che ho trovato su di lui delle banconote e delle obbligazioni per la somma di duemila sterline che egli mi ha consegnate. Ora, siccome non sarebbe giusto annunciare una tal cosa al pubblico ingenuo se non fosse avvenuta, è mio parere che questo debba avvenire senza alcuna dilazione, quindi consiglio il signor Harrogate di consegnarmi all'istante le duemila sterline che ha in tasca. Il banchiere gli lanciò uno sguardo fosco; aveva il viso infiammato e burbero ma che esprimeva anche l'avvilimento. Il salto fatto dalla carrozza precipitante sembrava aver consumato le sue ultime energie. Egli aveva preso un atteggiamento da ribaldo, quando suo figlio e Muscari si erano slanciati animosamente per sventare l'imboscata brigantesca. Ma adesso la sua mano rossa e tremante cercava con riluttanza nella tasca del panciotto, e ne tirò fuori un pacco di carte e buste che consegnò al brigante. — Magnifico – esclamò il fuoruscito allegramente. – Finora va tutto a meraviglia. Ora riassumo i punti del mio proclama che al più presto saranno pubblicati per tutta Italia. Il terzo punto è quello del riscatto. Io chiedo agli amici della famiglia Harrogate una taglia di tremila sterline; e la richiesta è talmente moderata che può sembrare quasi insultante per una famiglia di tale importanza. Chi non pagherebbe volentieri il triplo di questa somma per aver l'onore ed il piacere di trovarsi nella società di tali persone? Non voglio nascondervi che il documento termina con certe frasi riguardanti le cose spiacevoli che potrebbero accadere se il danaro non fosse pagato; ma intanto, signore e signori, permettetemi di assicurarvi che la mia abitazione qui è comoda e confortevole; non manca di vino e sigari, ed io vi invito a passar con me dei giorni di piacevoli divertimenti nella casa lussuosa che è il «Paradiso dei Ladri».
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